Viktor Orbán ricorda Berlusconi: «Sulla guerra in Ucraina la pensava come me. Non sarà un putiniano?»
La nascita della loro amicizia risale addirittura il 1993. E oggi il premier dell’Ungheria Viktor Orbàn racconta il suo primo incontro con Silvio Berlusconi. Il futuro fondatore di Forza Italia all’epoca invitò il premier ungherese a Milano per “rubargli il mestiere”: «Voglio apprendere dai politici che non sono veri politici ma che ragionano fuori dal coro». Orbán lancia anche una provocazione: «Sulla guerra in Ucraina la pensava in maniera molto simile a me. Se fosse un putiniano? Chiunque sulla guerra in Ucraina non la pensi come Biden viene tacciato di putinismo. Lo direbbero anche del Papa e non lo fanno solo per sacro rispetto. Berlusconi era un uomo di pace e aveva dei rapporti eccellenti con Putin. Se si fosse voluto, avrebbe potuto essere utilizzato come mediatore e sono certo che avrebbe trovato una strada diplomatica. E la pensava come me anche sull’Europa, che ha manovrato per farlo cadere perché non voleva sottostare alle regole tedesche e olandesi, che sono le sole che contano. Berlusconi era europeista e infatti voleva cambiare questa Unione».
La Russia e l’Italia
«Anche io non sono un putiniano», sostiene invece Orbán. «Come potrei? Noi ungheresi abbiamo avuto i piedi dei russi sulla testa. Io la penso come Silvio e come il Santo Padre, solo che la nostra voce in Europa è minoritaria. L’Italia è lontana e le bombe sull’Ucraina la riscaldano. L’Ungheria invece ne viene bruciata. In Ucraina c’è una comunità di 200mila ungheresi che vengono arruolati e muoiono. Siamo una nazione di neanche dieci milioni di abitanti ma ospitiamo un milione di profughi ucraini. Istruiamo bambini ucraini in 1.200 nostre scuole, diamo borse di studio a studenti ucraini. Noi vogliamo la pace perché questo conflitto lo viviamo sulla nostra pelle. Ma le speranze per la pace sono poche. L’Occidente, ma io direi gli Stati Uniti, vuole sconfiggere la Russia e considera l’Ucraina un mezzo per farlo. In Europa, a parte noi, nessuno fiata, perché nessuno vuole sfidare Washington. Ma la maggioranza silenziosa la pensa come me e sono persuaso che l’atmosfera cambierà tra qualche mese. Intravedo i primi segnali».
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