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Di quanto aumentano prestiti e mutui dopo il rialzo dei tassi della Bce. Chi accende un tasso fisso oggi paga il doppio del 2021

17 Giugno 2023 - 13:09 Redazione
A diffondere i dati è la federazione autonoma dei bancari italiani (Fabi)

L’aumento dei tassi di interesse da parte della Bce ha un effetto molto concreto sui mutui. Prendere denaro in prestito da Francoforte costerà alle banche il 3.25% di interessi. La prospettiva, paventata dalla stessa Christine Lagarde, è il 4%, ma le ricadute sui mutui già si vedono. Gli unici salvi sono coloro che hanno acceso un tasso fisso prima dell’incremento del costo del denaro. Chi lo volesse fare nel 2023, invece, deve prepararsi a un interesse doppio rispetto a quello del 2021. Significa che per un mutuo a tasso fisso da 200 mila euro di 25 anni, la rata mensile sarà di 1.304 euro, con un tasso medio applicato dagli istituti di credito di circa il 6%. Per un prestito da 100 mila euro, invece, sempre distribuito su 25 anni, col tasso al 5,3%, la rata mensile sarà, invece, di 609 euro. Incrementi anche per il tasso variabile, seppur più contenuti, che sfiorano il 70%. A diffondere i dati è la federazione autonoma dei bancari italiani (Fabi).

Gli altri aumenti

Aumenti in generale per ogni tipo di finanziamento: «Comprare un’automobile a rate, per esempio un modello da 25 mila euro, potrebbe costare, nel caso di un finanziamento decennale a un tasso del 12,7%, oltre 8.200 euro in più rispetto al 2021» dichiara il leader della federazione Lando Maria Sileoni. Un altro esempio: una lavatrice da 750 euro, finanziata in 5 anni costerà nel 2023 anche 1.074 euro, ben 132  (+28,1%) in più che nel 2021. Sileoni ha un’idea opposta a quella della Bce su come fermare l’inflazione rampante (ad aprile 2023 in Italia era all’8,7%). «C’è la convinzione – ha dichiarato a Rai News 24 – condivisa da molti economisti, che non esiste alternativa all’aumento del costo del denaro da parte della Banca centrale europea, come soluzione per contrastare la crescita dell’inflazione. Noi, invece, ce l’abbiamo l’alternativa ed è rinnovare tutti i contratti di lavoro nazionali scaduti da oltre 5 anni, da molto prima del Covid, che riguardano 7 milioni di lavoratrici e di lavoratori di tutti i settori».

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