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«Giletti voleva mettere in scena l’inchiesta sulle stragi di mafia nel ’93». Sulla chiusura di “Non è l’arena” i pm sentiranno Urbano Cairo

18 Giugno 2023 - 09:36 Redazione
non è l'arena chiusa massimo giletti salvatore baiardo
non è l'arena chiusa massimo giletti salvatore baiardo
La ricostruzione di Marco Lillo sul "Fatto Quotidiano": «Giletti mi contattò per costruire insieme le puntate, il giorno dopo arrivò lo stop»

Stava preparando una o più puntate dedicate ai troppi lati oscuri dietro le stragi di mafia del 1993, Massimo Giletti, quando lo scorso aprile il suo programma Non è l’arena è stato chiuso d’imperio dall’editore de La7, Urbano Cairo. A confermarlo è il giornalista de Il Fatto Quotidiano Marco Lillo, che dalle colonne del quotidiano diretto da Marco Travaglio rivela questa mattina alcuni retroscena sin qui non conosciuti di ciò che aveva in mente il conduttore torinese prima che arrivasse lo stop dai vertici. «In quei giorni Massimo Giletti stava preparando una o più puntate dedicate all’inchiesta di Firenze sulle stragi che vedeva allora indagato Silvio Berlusconi con il fido Marcello Dell’Utri e che, dopo la morte del primo, prosegue solo sul secondo», ricostruisce Lillo. Il quale avrebbe avuto un ruolo di comprimario nella costruzione della tela televisiva – per lo meno nelle intenzioni di Giletti. «Aveva gli articoli del Fatto dedicati all’indagine sulle stragi e su Berlusconi e Dell’Utri e voleva montare una o più puntate con il nostro aiuto e la nostra presenza in studio. L’idea (ex post forse un po’ folle) di Giletti era quella di mettere in scena le conversazioni e le notizie contenute nelle informative della Dia che poi abbiamo continuato a pubblicare».

Lillo non era del tutto convinto di quell’idea, racconta ora a distanza di oltre due mesi lo stesso giornalista: anche per via del fatto che il tutto sarebbe dovuto andare in onda sulla catena televisiva di proprietà di Urbano Cairo, a lungo collaboratore e poi amico di Berlusconi. Ma Giletti aveva assicurato che ciò non avrebbe comportato alcun problema, e aveva fretta di stringere. «Ci dobbiamo vedere per pianificare», scriveva a Lillo il 12 aprile. Il giorno dopo gli fu chiuso il programma. Il conduttore, è poi emerso, era all’epoca già stato sentito due volte dai pm di Firenze come persona informati dei fatti proprio nell’indagine sui presunti mandanti esterni delle stragi del ’93, in virtù delle sue ripetute conversazioni – dentro e fuori gli studi televisivi – con Salvatore Baiardo, già condannato per favoreggiamento dei boss Graviano e di cui a fine maggio il pm Luca Tescaroli ha nuovamente chiesto l’arresto, forse per favoreggiamento di altri indagati.

Quel che è certo è che ad essere sentito dalla procura di Firenze nell’ambito della stessa inchiesta, ora, sarà lo stesso editore di La7 e del Corriere della Sera Urbano Cairo – anche in questo caso come persona informata dei fatti. Ne dà notizia lo stesso Lillo, fornendo la chiave di volta della convocazione: i pm vogliono capire se dietro lo stop a Non è l’arena vi fossero informazioni di rilievo per le indagini sulla «patata bollente» che Giletti aveva deciso di prendere in mano, e con cui La7 tutta rischiava di rimanere scottante. A Francesca Fagnani, che lo ha intervistato lo scorso 2 giungo al Festival della Tv di Dogliano, Cairo ha risposto un secco «no» alla domanda se nei mesi precedenti fossero giunte telefonate o lamentele per le puntate cui Giletti stava lavorando. «È stata una scelta soltanto editoriale, una cosa totalmente nostra senza nessuna ingerenza da parte di nessuno», ha ribadito Cairo. Che presto si sentirà rivolgere simili domande anche dagli inquirenti della procura di Firenze.

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