Affitti brevi, cosa cambia con la stretta del governo: interessato (solo) il 6,4% dei pernottamenti
Appena il 6,4%. Questa è la percentuale di pernottamenti negli alloggi per soggiorni brevi che verrebbe eliminata se il disegno di legge proposto dalla ministra al Turismo Daniela Santanchè dovesse passare così com’è ora. Il fulcro della questione è il cosiddetto minimum stay, il periodo di permanenza minima, che diventerebbe di due notti. Secondo i calcoli di Aigab, l’associazione italiana dei gestori affitti brevi, solo poco più di 6 alloggi su 100 verrebbero impattati dalla riforma. Un numero modesto che rischia di non avere ricadute sostanziali sulla destinazione d’uso degli appartamenti, e quindi nemmeno sul prezzo degli affitti. Il campione analizzato include oltre 300 mila prenotazioni registrate nel 2022, in 10 mila immobili.
Soggiorno minimo di tre notti?
Discorso molto diverso se il soggiorno minimo salisse a tre notti. In quel caso ad essere interessato sarebbe il 25% delle prenotazioni. Se la perdita del giro d’affari è stimata attualmente a 300 milioni di euro, con la regola delle tre notti si salirebbe a 1,6 miliardi, calcola il Sole 24 Ore. Perdita, per altro, che secondo Aigab non riuscirebbe ad essere assorbita dal settore alberghiero. La stragrande maggioranza dei pernottamenti di una sola notte, infatti, si verifica in caso di grandi eventi (spesso concerti, manifestazioni sportive, fiere) dove in tutte gli alloggi disponibili – alberghieri e non – vengono prenotati.
I numeri
Ad ogni modo, la percentuale di turismo mordi e fuggi cambia considerevolmente da città a città. Se Bologna (7,43%), Firenze (6,93%), e Roma (5,2%) sono tutte intorno alla media, Venezia (9,1%), Genova (11,7%), Napoli (14,24%) e Milano (16,74%) vanno ben oltre. A portare in alto i numeri di queste città sono è la loro attrattività per viaggi di lavoro, soggiorni ospedalieri e universitari, oltre a festival ed eventi che si svolgono tra sabato e domenica.
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