Russia, Putin contro i cittadini Lgbtq+: dopo la legge contro la transizione di genere arrivano le «terapie di conversione»
In Russia l’omosessualità non sarà solo illegale ma anche qualcosa da «correggere». In questi ultimi giorni è stato creato, per desiderata di Vladimir Putin stesso, un istituto di ricerca sul «comportamento sociale» degli omossessuali. A lanciare l’allarme sono gli attivisti Nef Cellarius e Maksim Olenichev, basandosi sull’informativa alla Duma del ministro della Sanità russo Mikhail Murashko. Le parole di Murashko risalgono al 14 giugno scorso, quando alla camera bassa si discuteva del disegno di legge (approvato in prima lettura) che vieta in Russia le transizioni di genere. «Esiste una direttiva presidenziale – ha dichiarato – per creare un istituto aggiuntivo presso il nostro Centro federale di psichiatria per studiare non solo queste, ma anche una serie di aree comportamentali, compreso il comportamento sociale. Pertanto, questa direzione sarà ulteriormente presa in uno studio scientifico, oltre a ciò che stiamo facendo oggi». A inquietare la popolazione Lgbtq+ russa è che il cosiddetto centro sarà una costola del celebre Centro di psichiatria e narcologia Serbsky, divenuto famoso negli anni ’60-80 per aver torturato a livello fisico e mentale i dissidenti sovietici. «In questo momento – spiegano gli attivisti a Insider – nella psichiatria russa, solo l’essere transgender è considerato una “diagnosi”. La Russia utilizza una versione obsoleta della Classificazione internazionale delle malattie, ICD 10, in cui l’omosessualità è stata rimossa dall’elenco delle malattie, ma la diagnosi F64.0 – “Transessualismo” – rimane». Le parole del ministro di fatto formalizzano, mettendo bianco su nero, le intenzioni statali nei confronti della popolazione LGBTQ+, studiarli, correggerli, anche nella loro vita privata.
La storia di Gleb, finito in un centro di correzione in Russia
In realtà i centri correzione in Russia sono già una triste realtà. Ne parla oggi Rosalba Castelletti su Repubblica citando la storia di Gleb, 22 anni, scomparso il 18 marzo scorso. Doveva tornare da Artiom Grot, suo compagno e attore, ma il giovane sembrava sparito nel nulla: telefono staccato, zero messaggi letti. Presentata la denuncia di scomparsa il ragazzo è riuscito a intercettare una zia del fidanzato sui social. In quel momento Grot scopre che il suo Gleb si trova a non meglio precisati arresti domiciliari. Non solo. Scopre che una foto del suo compagno è sul sito del centro di riabilitazione per tossicodipendenti e alcolisti “Neugasimoy Nadezhdoy”, “Inestinguibile speranza”. Ma ovviamente Gleb non aveva problemi di alcol o droga, era semplicemente quello che voleva essere: omosessuale. Novaja Gazeta Europe ha raccontato il caso scoprendo che il centro in questione promette di curare «dalla sodomia» per 50mila rubli al mese. Altri centri in Russia promettono le stesse terapie a molto più: chiudendoti in un posto irraggiungibile, senza cellulare e senza nemmeno documenti personali.
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