Perugia Nuda: la storia della chat di Revenge Porn su Telegram e delle due ragazze che l’hanno fatta chiudere
I due canali telegram si chiamavano “Perugia Nuda” e “Perugia scambio foto chat”. Li gestivano due ragazzi di 21 e 22 anni. Che per molto tempo hanno fatto girare foto hard di amiche, ex fidanzate e conoscenti. A scoprirle, nel novembre 2020, una loro concittadina. Che si è trovata nella più classica situazione da Revenge Porn: le sue immagini intime inviate qualche tempo prima all’ex fidanzato da 15enne sono sotto gli occhi di tutti sul web. A quel punto è scattata l’indagine. La sua, non quella della magistratura. Insieme a un’amica si accordano con due ragazzi che entrano nelle chat e girano a loro il contenuto. Poi arrivano ad avere un incontro con l’amministratore. Registrano la conversazione e vanno alla polizia postale. Oggi la procura contesta ai due ragazzi le accuse di revenge porn e pedopornografia.
L’indagine
La storia la racconta oggi Il Messaggero. Parte con un classico: un’amica che chiama e spiega di aver visto foto della ragazza nuda sul cellulare. L’altra era entrata perché le avevano detto che i suoi scatti erano finiti sul web. Ma quando arriva trova quelli dell’amica. La avverte e insieme cominciano la caccia. Mentre, secondo l’avvocato Francesco Gatti che la assiste, deve cambiare scuola per la vergogna e viene sottoposta a terapie psicologiche. Poi arriva l’incontro con l’admin. Che riconoscono come una persona vista spesso in città. E che quando sente le accuse nei suoi confronti scoppia a piangere e chiede perdono. Mettendosi addirittura in ginocchio. E «dicendoci che sua madre stava per morire». Oltre a registrare la conversazione, riescono anche a dare un’occhiata al cellulare del ragazzo. E trovano «tantissimo materiale presumibilmente pedopornografico di molte ragazze in giovane età. Anche di ragazzi».
Perugia Nuda
A quel punto formalizzano la denuncia. I due admin all’epoca non hanno nemmeno vent’anni. Ieri, nel corso dell’udienza preliminare davanti al giudice Angela Avila i due hanno chiesto la messa in prova ai servizi sociali. Previa riqualificazione del danno e risarcimento. La difesa non si è opposta. «Non ci interessa la condanna, ma un percorso di pentimento», ha detto l’avvocato.
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