#Metoo della pubblicità, il fondatore di “We are social” e la chat degli 80: «Ci scusiamo, non sapevamo nulla»
Gabriele Cucinella è uno dei tre fondatori di “We are social”. Insieme a Stefano Maggi e Ottavio Nava ha fatto nascere l’agenzia di comunicazione oggi nella bufera per la scoperta di una chat sessista tra i dipendenti. La “chat degli 80” raggruppava lavoratori dell’azienda che davano voti all’aspetto fisico delle colleghe, si passavano foto in costume delle lavoratrici e le commentavano. Cucinella oggi si scusa in due interviste rilasciate a La Stampa e a Repubblica. «Non è questa l’agenzia che abbiamo costruito», fa sapere. E sulla chat puntualizza: «L’abbiamo scoperto nel 2017, senza grandi dettagli sui contenuti. L’episodio è stato subito condannato. Abbiamo anche portato avanti un controllo con i nostri tecnici, ma la chat era su Skype e non sui nostri server. Questo è un aspetto tecnico, non sminuisce niente, ma per dire che non ne abbiamo potuto verificare il contenuto».
La “Chat degli 80” del 2017
Cucinella aggiunge nel colloquio con Nadia Ferrigo però anche che non sono arrivati all’epoca provvedimenti disciplinari: «No, non per i singoli. L’azienda non sa chi c’era dentro la chat. Considerato che in questi giorni sono venuti fuori altri elementi, cioè le testimonianze che abbiamo letto anche sui giornali, abbiamo deciso di affidare a una parte terza un’indagine per approfondire l’accaduto. Poi valuteremo». Secondo il fondatore «le testimonianze di questi giorni sono dolorose per noi. Non essendo dentro la chat, non ne conoscevamo nel dettaglio il contenuto. Da quando abbiamo fondato questa agenzia, per noi costruire un ambiente inclusivo è stata la priorità: non mi riconosco nella cultura tossica di cui si è parlato». E sostiene di non aver mai notato atteggiamenti sessisti nei suoi lavoratori: «Con massima onestà, no. E niente di nemmeno vicino a quello che leggiamo. Se ci fosse capitato, saremmo i primi a essere dispiaciuti. Mai avuto testimonianze dirette».
L’indagine interna
A Ilaria Carra invece Cucinella dice che seppe della chat da una dipendente, che ne parlò «in modo generico». Facendo sapere che la chat era stata chiusa. I tre fondatori non ne hanno mai fatto parte. Perché la chat era via Skype e per entrarci si utilizzavano le mail personali. «Purtroppo non eravamo dentro e non potevamo accertarne l’esistenza perché non era sui server di lavoro», sostiene. «Ed è questo il motivo per cui stiamo aprendo un’indagine interna ora. Avremmo dovuto farlo già allora, è stato un errore. Convocammo il senior team e condannammo l’episodio. Anni dopo, quando riemerse la questione, ne abbiamo parlato con tutta l’agenzia e abbiamo introdotto un codice etico e iniziative sulla diversity inclusion. Ma ora noi per primi vorremmo capire cosa sia successo davvero».
Le scuse
Poi Cucinella ribadisce le scuse: «Il punto è che oggi possiamo solo chiedere scusa a chi ha sofferto, accertare i fatti e far sì che il nostro luogo di lavoro sia sicuro e inclusivo. Sono tante lo cose emerse mai riportate prima». Mentre riguardo gli ex dipendenti che denunciano climi di lavoro pesanti, burn out e mobbing, replica: «È un’esperienza dolorosissima. Una doccia fredda che non ci aspettavamo».
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