Roberto Vecchioni, il ricordo del figlio Arrigo morto a 36 anni: «Per me è stato il crollo del mondo»
Il cantautore Roberto Vecchioni parla per la prima volta della scomparsa di suo figlio Arrigo in un’intervista a Walter Veltroni sul Corriere della Sera in occasione dei suoi 80 anni compiuti proprio oggi 25 giugno. La morte di Arrigo, scomparso a 36 anni lo scorso aprile, è stata per il cantante «una cesura tra una vita e un’altra, lo è stato ancora di più per mia moglie. Non l’ho presa come un’ingiustizia. Questo no, assolutamente no – spiega Vecchioni – Mi viene in mente Eschilo che diceva: “Si impara soffrendo”. Forse dalla felicità non si impara un cazzo. Si impara solo soffrendo, sperando di tornare alla felicità. È stato il crollo del mondo, dell’universo, ma non di certezze e ideali. E poi lo sento dentro fortissimo, mio figlio».
Il ricordo del figlio per il cantautore è ancora fortissimo, così come il legame che sente ancora con lui: «Lo sento intensamente, Arrigo, me lo rivedo dentro continuamente. Lui era bipolare, ho una metafora: un giorno, tornando dall’ospedale vicino Piacenza dove lui andava a fare terapia, abbiamo preso la Statale per andare a Desenzano ed era piena di autovelox. Gli ho detto “Facciamo una cosa: tu guida, passa, ogni volta che c’è un autovelox te lo dico e tu rallenti”. Abbiamo fatto questa strada di corsa e sembrava la vita, proprio. Corsa, corsa corsa e ad ogni autovelox lo fermavo. Quando siamo arrivati lui mi ha abbracciato e mi ha detto: “Li abbiamo fottuti tutti, papà”. E invece un autovelox ci aveva beccati. Ho tentato di dire: “Non è colpa sua, ma mia, guidavo io”. “Eh no…” hanno risposto. “… abbiamo visto, prendiamo lui”». Questa è la morte di mio figlio: gli autovelox della vita».
Il brano che Roberto Vecchioni aveva dedicato a suo figlio si concludeva con un una doppia domanda, ricorda Veltroni: «Dimmi dimmi cosa ne sarà di te/ dimmi cosa dimmi cosa ne sarà di me». Il cantautore la spiega così: «Lui non lo sapeva cosa sarebbe stato di sé. Non potevo chiederglielo, però potevo chiedergli cosa ne sarà di me. Nella sua intelligenza avrebbe risposto: “Padre non smettere mai di correre per quella strada, perché è la tua vita”. Mi avrebbe risposto così».