Insurrezione in Russia, parla Prigozhin: «Stavano per sciogliere la Wagner, dovevamo impedirlo. Ma non volevamo rovesciare Putin»
Il capo della milizia Wagner Yevgeny Prigozhin torna a parlare dopo il week-end che ha gettato la Russia nel caos. Avvistato nelle scorse ore a Minsk – notizia non confermata al momento né dall’interessato né dal governo bielorusso – Prigozhin ricostruisce ora le ragioni, dal suo punto di vista, dell’insurrezione armata tentata nella giornata di sabato contro il suo stesso Paese. Le autorità russe, spiega l’ex «cuoco di Putin» in un messaggio audio di 11 minuti, avevano deciso di sciogliere la Wagner il 1° luglio a seguito di «intrighi». Eppure l’avanzata militare verso Mosca che la milizia ha operato il 24 giugno «non era per rovesciare il governo del Paese», ha detto Prigozhin: ma per «esprimere una protesta». Il vero obiettivo, dunque, era quello di «impedire la distruzione» della brigata e chiamare alle loro responsabilità «quegli individui che hanno commesso un enorme numero di errori nell’operazione militare speciale» in Ucraina. Leggi, è il riferimento implicito, il ministro della Difesa Shoigu e il capo di Stato maggiore Gerasimov.
Il comunicato
Nel comunicato audio, Prigozhin si vanta di possedere l’unità militare più esperta e pronta al combattimento dell’intera Federazione russa, operando per conto di quest’ultima non solo in Ucraina, ma anche in Africa e nei Paesi arabi. Un potenziale che, secondo il suo leader, sarebbe stato smantellato dopo la richiesta di Mosca di far firmare ai combattenti un contratto con il Ministero della Difesa rendendoli loro dipendenti dal primo luglio 2023. Il contratto, però, sarebbe stato rifiutato da parte degli stessi mercenari in quanto temono di finire sotto il controllo di personale incompetente che avrebbe limitato le loro capacità.
Nel suo racconto, Prigozhin spiega che si stavano preparando a consegnare pacificamente le loro armi e i loro mezzi al Ministero della Difesa. Nonostante non avessero mostrato alcun segno di aggressività, l’esercito russo avrebbe bombardato il loro campo uccidendo circa 33 combattenti e ferendone molti altri. Quella che doveva essere una marcia dimostrativa venne di conseguenza trasformata in una immediata “marcia della Giustizia” con l’obiettivo di mantenere l’esistenza del gruppo e arrestare i responsabili degli errori commessi dal Ministero nel corso della cosiddetta “Operazione speciale” in Ucraina. Ci tiene comunque a precisare che nessuno dei combattenti Wagner è stato costretto a partecipare alla marcia e che tutti erano a conoscenza dell’obiettivo finale.
Prigozhin sostiene che durante la marcia non sarebbe stato ucciso alcun soldato a terra, tuttavia si rammarica di essere stati costretti ad abbattere i velivoli dell’esercito russo per difendersi dai loro attacchi. L’avanzata si era conclusa a soli 200 km da Mosca, dove nel frattempo si erano preparati a fermare la loro avanzata. Le motivazioni dello stop sarebbero state principalmente due: evitare di versare ulteriore sangue russo e perché l’intenzione non era quella di rovesciare il regime russo, ma di compiere un atto dimostrativo di protesta. A quanto afferma, come risultato, Lukashenko avrebbe offerto di trovare delle soluzioni al fine di permettere a Wagner di proseguire le proprie attività.
La marcia, però, avrebbe dimostrato anche i gravi problemi di sicurezza presenti nella Federazione. In meno di 24 ore avevano coperto una distanza che corrispondeva a quella che dovevano percorrere le truppe russe il 24 febbraio 2022 verso Kiev. Secondo Prigozhin, se ad attaccare la capitale ucraina fosse stato il suo gruppo, anziché le impreparate truppe russe, l’intera “Operazione speciale” sarebbe durata un solo giorno.
Nel suo racconto, Prigozhin afferma che la popolazione locale sosteneva in tutto e per tutto l’avanzata del gruppo, salutandolo ed elogiandolo durante il tragitto con le bandiere e gli emblemi Wagner. Gli stessi cittadini si sarebbero ritrovati delusi per la conclusione della marcia, in quanto «sostenevano la lotta contro la burocrazia e gli altri mali che riscontriamo oggi nel nostro Paese».
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