Il piano del governo sulle pensioni: via dal lavoro con 41 anni di contributi senza limiti di età
Il governo Meloni ha un piano per le pensioni. Che prevede il ritiro dal lavoro dopo 41 anni di contributi senza limiti di età. Mentre a dicembre scade Quota 103 e tornerebbe in vigore la Legge Fornero. Ma l’esecutivo vuole introdurre maggiore flessibilità in uscita. Anche se c’è l’ipotesi di introdurre anche un limite anagrafico. Che sarebbe fissato a 62 anni. Secondo le stime dell’Inps però la misura avrebbe un costo di 4 miliardi il primo anno. E arriverebbe a 75 in dieci. Ad annunciare la scelta del governo è il sottosegretario al Welfare Claudio Durigon in un’intervista a La Stampa. «A me sta tanto cara e posso garantire che si farà. Se sarà fatta quest’anno o comunque il prossimo vedremo. Ma sia come Lega che come governo vogliamo portare a casa questo risultato», assicura.
Una nuova Quota 103?
Durigon sostiene che «già la quota 41 nella quota 103, con 62 anni di età, è un primo passo in questa direzione. Con la Quota 102 di Draghi andarono in pensione 108 mila persone. Con la Quota 103, come la chiamate voi coi 41anni di contributi ed i 62 anni di età, già oggi sono 17.000 quelli che hanno lasciato il lavoro in anticipo. Poi ci sono tutte le altre domande in lavorazione, per cui raggiungeremo certamente le 40-50.000 uscite previste a fine anno». Il sottosegretario aggiunge che «al 90% resterà Opzione donna, che però è uno strumento molto invasivo visto che prevede una decurtazione del 30% degli assegni. Però, sicuramente, già oggi con gli strumenti che abbiamo possiamo dare ristori alle donne anche molto più esaustivi. Stiamo studiando anche questo: dobbiamo capire qual è lo strumento giusto da adottare». Il governo proseguirà il confronto anche sui lavori gravosi e sulle pensioni complementari.
La battaglia sulle quote
RImane che se alla regola dei contributi si aggiungerà quella del limite minimo d’età si tratterà semplicemente di una riconferma delle norme in vigore per il 2023. Il che è l’ipotesi prevalente per il 2024, anno in cui invece l’esecutivo programma di reperire i fondi necessari per le coperture dell’uscita anticipata senza limiti di età. Repubblica spiega anche che il governo pensa di rifondare gli esodi incentivati. Oggi esistono tre strumenti per gli scivoli: il contratto di espansione, l’isopensione e la trattativa privata tra impresa e singolo lavoratore. L’intenzione del governo sarebbe di unificarli e muoversi verso il primo. Che conviene di più alle imprese e meno al lavoratore. Il quale più uscire 5 anni prima con un’indennità. Ma perde i contributi di quei cinque anni. E alla fine avrà una pensione più povera. Mentre l’azienda può sottrarre all’indennità l’importo della Naspi, ovvero il sussidio di disoccupazione.
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