La corrente di Bonaccini nasce a fine luglio ma già litiga. Dagli screzi sui congressi regionali alle divisioni in vista delle Europee 2024
Con l’arrivo della bella stagione, in Italia, parte lo strano fenomeno dei tormentoni: la ricerca del motivetto musicale che finirà per nauseare i bagnanti nei lidi, il nuovo drink che spopolerà nei baretti in spiaggia, la moda, l’accessorio, il pellegrinaggio verso un sito turistico che su Instagram appare deserto, intimo, mentre dal vivo è affollato come una piscina comunale nel ponte del 2 giugno. Per la politica, il tormentone dell’estate 2023 l’ha lanciato Elly Schlein nell’ultima direzione del partito. «Sarà un’estate militante». Lo slogan è subito schizzato in cima alle classifiche degli attacchi provenienti dagli avversari del Partito democratico. «Più che un’estate militante, pare un inverno di idee», la schernisce Tommaso Foti. Ma è anche il fuoco amico dei Democratici non allineati con la segretaria a contribuire al successo del tormentone. «Estate militante, a me sembra che Schlein voglia estendere il campo largo ai Jova Beach Party», afferma un parlamentare emiliano. Gli risponde un altro esponente, sempre del Pd: «Non le vedi le bandiere rosse issate sulle piattaforme dei bagnini di Capalbio? Non sono mica lì per segnalare il mare mosso, è la militanza del Nazareno». Il tormentone diventa un boomerang, ma solo nei consessi privati. Pubblicamente, i colonnelli del riformismo stanno adottando un’altra strategia: evitare di attaccare la segretaria perché «gli italiani non capirebbero la sua delegittimazione dopo appena quattro mesi dalle primarie».
Open ha ascoltato alcune conversazioni avvenute nei giorni antecedenti alla direzione nazionale dello scorso 19 giugno. E risulta che sia stato lo stesso Stefano Bonaccini, oppositore di Schlein al congresso e oggi presidente del Pd, a chiedere di non destabilizzare la segretaria. La sintesi di questo telefono senza fili che ha coinvolto la controparte di Schlein interna al Pd è la necessità di «tenerla in vita fino alle Europee del 2024». Tenerla in vita politicamente, si intende, per un anno e mezzo. Un periodo nemmeno troppo distante dalla durata media dei segretari del Nazareno. Così, durante la direzione, è stato affidato agli interventi del deputato Lorenzo Guerini, del senatore Alessandro Alfieri e dell’eurodeputata Pina Picierno il compito di far percepire a Schlein il peso dell’opposizione interna, ma senza esagerare. Nel frattempo, i cattolici di Graziano Delrio, gli ex Ds di Piero Fassino, i riformisti, gli amministratori bonacciniani, i governatori del Sud, qualche ex lettiano, i gentiloniani, ovvero i membri di una platea dalla multiforme sensibilità, sono in cerca di spazio. «Un’area», come si definiscono in gergo gli agglomerati di correnti. Open aveva parlato della sua formazione già a inizio maggio. I lavori proseguono e il fronte dovrebbe trovare una sua conformazione più esplicita il 21 e 22 luglio, a Cesena. «Carissima, carissimo, voglio raccogliere l’appello di quanti ci hanno chiesto di non disperdere l’energia popolare che abbiamo messo nel congresso e farla vivere pienamente nel Pd».
Manca un mese all’evento di lancio dell’area bonacciniana
Il messaggio, firmato direttamente da Bonaccini, non nasconde gli intenti della due giorni in Romagna: «Sento una duplice responsabilità. Quella di far vivere nel confronto democratico quel pluralismo di culture, idee e proposte che solo può garantire piena cittadinanza a tutte e tutti. E, al tempo stesso, quella di ricercare la sintesi che rinnova la vocazione maggioritaria con cui il Pd lo abbiamo fondato». Coordinatrice di questo aggregato di «energia popolare da non disperdere», per dirla come Bonaccini, potrebbe essere l’ex segretaria del Pd toscano, Simona Bonafè. Al momento è soltanto una voce. Quello che a Open risulta certo, invece, è che la nuova area bonacciniana, prima di nascere, si sta già deteriorando per le divergenze interne e l’accaparramento di posizioni di potere. «Nascerà sulla carta, non sui fatti», ci dice un protagonista dell’operazione. A livello di intenzioni politiche, ad esempio, si rilevano già delle spaccature sull’eventuale abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Tuttavia, è nella discussione per i congressi territoriali del Pd che emerge come il gruppo di bonacciniani parta con lo stesso affiatamento di guelfi e ghibellini. «Ho la sensazione che l’area di Bonaccini non entusiasmi nessuno», commenta persino un aspirante membro della “corrente”.
Le liti per i congressi territoriali…
Casi esemplari sono il rinnovo della segreteria del Pd lombardo e di quella della provincia di Milano. Le questioni partono da chi vuole aprire il congresso regionale a iscritti ed elettori, come il trio Lia Quartapelle, Pierfrancesco Maran e Pietro Bussolati, e chi invece vuole consacrare segretaria regionale Silvia Roggiani, senza sottoporla al voto esteso a tutti. Le sezioni del Pd di Bergamo, Brescia e Cremona, dove i Dem continuano a ottenere ottimi risultati alle elezioni, lamentano inoltre che la segreteria regionale sia «da troppi anni troppo milanocentrica». Sebbene Roggiani sia originaria del Varesotto, viene considerata in quota milanese nella gestione territoriale del partito. Al suo nome, sono contrapposti come possibili candidati quelli di Emilio Del Bono, che però non sarebbe gradito a Schlein, Davide Casati e, appunto, Maran. Comunque, per consegnare la guida regionale del partito a Roggiani, che si riconosce nella corrente Areadem di Dario Franceschini, il contraltare sarebbe propiziare l’ascesa di Alessandro Capelli alla segreteria del Pd metropolitano. Schleiniano, ex collaboratore di Pierfrancesco Majorino, è rientrato nel Pd dopo una lunga parentesi in Sinistra italiana.
…e quelle per le liste delle Europee
Se la componente lombarda di Base riformista è disposta ad accettare Roggiani, l’insofferenza verso Capelli è palese. Il nome alternativo che avanza una parte centrista del Pd è quello di Santo Minniti, i cattolici invece proporrebbero Giordano Ghioni in quel ruolo. Le riunioni in cui queste ipotetiche investiture sono state fatte, viene raccontato a Open, «hanno fatto emergere come la ragion d’essere, al momento, della presunta nuova area bonacciniana sia quella di trattare sui nomi. Infinite discussioni e trattative sui nomi. Mentre non c’è traccia di alcun contenuto politico all’orizzonte». I congressi territoriali, su indicazione del Nazareno, dovranno concludersi entro il mese di ottobre. E non sono l’unico motivo di fermento nella nascente area bonacciniana. Già si litiga sulle liste per le elezioni europee del 2024. Circoscrizione Italia nord-occidentale: appare ormai definitiva la scelta di Chiara Gribaudo come capolista.
I movimenti di Gentiloni
Quali saranno, invece, i nomi portati dai Dem sconfitti alle primarie? In un collegio in cui il Pd dovrebbe riuscire a eleggere circa cinque esponenti, punterebbero alla candidatura Maran del sopracitato trio, Giorgio Gori per Base rifomista, parte dei cattolici spingono Fabio Pizzul, un’altra parte, se Patrizia Toia non si ricandida, è pronta a sostenere Carlo Borghetti. Nello stesso collegio c’è anche Emanuele Fiano, che non è stato rieletto in Parlamento alle elezioni del 25 settembre. Ancora, l’attuale capodelegazione del Pd a Strasburgo, la cui ricandidatura appare scontata, Brando Benifei. Quasi tutti uomini, in una tornata in cui sulla scheda elettorale possono essere segnate al massimo due persone dello stesso sesso, su tre preferenze esprimibili. Il rischio implosione per la nascente area bonacciniana, che ha l’ambizione di riunire al suo interno diverse correnti, c’è. «Si fa più per necessità», spiega un dirigente lombardo. «Siamo già pochi, se non ci uniamo per contendere la leadership a Schlein finiremo per non contare nulla». Se ci fosse un’alternativa allettante, «si vocifera di alcuni movimenti di Paolo Gentiloni per creare un nuovo soggetto politico di riferimento», conclude la fonte, «l’area di Bonaccini potrebbe persino non nascere».