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Morte Nahel, parla un amico che era in macchina con lui: «Lo hanno colpito tre volte con il calcio della pistola, poi gli hanno sparato»

30 Giugno 2023 - 23:26 Massimo Ferraro
Secondo il racconto del giovane, al 17enne ucciso a Nanterre è scivolato il piede dal pedale: a quel punto gli agenti hanno aperto il fuoco

Ha avuto paura di essere ucciso anche lui. Per questo è fuggito, dopo che il suo amico era stato colpito a morte e il terzo passeggero bloccato dagli agenti. Ma andrà a raccontare la sua versione anche alla polizia. Rompe così il silenzio un amico di Nahel, il 17enne ucciso da un poliziotto il 27 giugno scorso, che quel giorno era in macchina con lui. Ha pubblicato un video sui social per raccontare quanto ha visto e quello che è successo nei secondi concitati che hanno portato alla morte dell’amico. «Abbiamo deciso di fare un giro a Nanterre, dopo qualche minuto ci siamo ritrovati sulla corsia degli autobus e ho visto delle motociclette con i poliziotti che ci seguivano», ricorda il giovane, ricostruendo l’intervento della polizia. A questo punto, racconta, un primo poliziotto avrebbe chiesto a Nahel di abbassare il finestrino e poi lo avrebbe minacciato: «Spegni il motore o ti sparo in testa». Il 17enne sarebbe stato quindi colpito per la prima volta con il calcio della pistola. Sarebbe poi arrivato un secondo poliziotto, che gli avrebbe dato un altro colpo con l’arma. Il primo agente gli avrebbe puntato poi la pistola alla tempia: «Non ti muovere o ti pianto una pallottola in testa». Mentre il collega gli urlava «sparagli», Nahel sarebbe stato colpito una terza volta. A questo punto, al ragazzo sarebbe scivolato il piede dal freno e l’auto si sarebbe messa in moto. Secondo la versione ufficiale, «il conducente, che aveva spento il motore, ha riavviato il veicolo ed è ripartito: è a quel punto che il poliziotto ha fatto uso dell’arma». L’auto si muove e il secondo agente, che si trova davanti al parabrezza, spara contro Nahel. L’amico ricorda: «All’improvviso il suo piede ha spinto sull’acceleratore. L’ho visto agonizzare, tremava. Siamo finiti su una barriera».

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