No! Pfizer non ha venduto alcuni lotti di placebo spacciandoli per vaccini anti Covid
Alcune condivisioni Facebook stanno portando avanti una tesi del giornalista finanziario Robert Kogon – personaggio apprezzato negli ambienti No vax – secondo il quale gli «scienziati» avrebbero accertato che buona parte dei lotti di vaccini a mRNA contro il nuovo Coronavirus prodotti da Pfizer e destinati all’Unione Europea fossero dei placebo, che il Governo tedesco sarebbe stato al corrente e che tutto questo dimostrerebbe l’esistenza di un piano volto a inventare dal nulla un’emergenza sanitaria inesistente. Questa narrazione è del tutto infondata. Vediamo perché.
Per chi ha fretta:
- La fonte della narrazione sui presunti lotti placebo di Pfizer è un articolo del giornalista finanziario Robert Kogon.
- Kogon cita a sostegno delle sue tesi l’intervento di due scienziati in una trasmissione online: Punkt.Preradovic.
- Gli scienziati tedeschi avrebbero citato a loro volta uno studio danese.
- Lo studio danese è in realtà una lettera che analizza le variazioni nelle segnalazioni di eventi avversi gravi in Danimarca.
- Gli autori danesi non parlano di placebo, bensì di alcune segnalazioni mai confermate su alcuni lotti con dosi ridotte di mRNA.
- Il fatto che riportino un 32% di lotti senza eventi avversi segnalati, non dimostra che fossero dei placebo i quali possono comunque venire associati erroneamente a determinati effetti.
- Gli autori della lettera parlano di una loro osservazione preliminare affetta da pesanti limiti dovuti al fatto che le segnalazioni spontanee a cui fanno riferimento non fossero verificate.
Analisi
Ecco in che modo viene fatta circolare questa narrazione su Facebook:
Gli scienziati hanno trovato prove che una parte significativa dei lotti di vaccino COVID-19 di Pfizer-BioNTech per l’Unione Europea potrebbe essere effettivamente un placebo e che il governo tedesco ne era a conoscenza.
Un altro esempio:
È stata sempre ventilata l’ipotesi che fossero in circolazione lotti di vaccino placebo, ciò con semplice acqua dentro. Ora abbiamo uno studio che sembra avvalorare questa ipotesi. A questo punto le domande si fanno inquietanti.
Le presunte fonti di Kogon
La narrazione di Kogon si basa sulle affermazioni di Gerald Dyker, professore di chimica organica all’Università della Ruhr di Bochum, e di Jörg Matysik, professore di chimica analitica all’Università di Lipsia. Entrambi hanno citato nel programma online Punkt.Preradovic uno «studio» (in realtà si tratta di una lettera) di alcuni loro colleghi danesi, che mostrerebbe «un’enorme variazione negli eventi avversi associati a diversi lotti del vaccino Pfizer-BioNTech». Questi dividono i lotti utilizzati in Danimarca in tre gruppi:
- Verdi – con livelli moderati di eventi avversi correlati (60% del campione).
- Blu – con livelli straordinariamente alti di eventi avversi (5% del campione).
- Gialli – con zero eventi avversi (30% del campione).
Più precisamente gli autori danesi parlano di «linee di tendenza blu, verde e gialla» le quali comprendevano rispettivamente «il 4,22%, 63,69% e 32,09% di tutte le dosi di vaccino».
L’effetto placebo e i limiti dello «studio» danese
«Come dice Dyker – continua Kogon -, gli osservatori “cattivi” potrebbero notare che “questo è l’aspetto che avrebbero i placebo”». Ma questa ovviamente non può essere considerata una prova. Per capirlo occorre ragionare un attimo sulla ragione per cui l’effetto placebo è utile negli studi veri e propri, dove a un gruppo di pazienti non viene dato il farmaco vero ma un placebo, ovvero un preparato privo di principio attivo; questo perché è noto che un certo numero di pazienti affermerà di avere avuto benefici e/o eventi avversi correlati all’assunzione. Del resto gli autori danesi nella loro lettera non usano mai il termine «placebo», né vanno a vedere se per caso quel 30% di lotti corrispondesse a un quasi identico numero di pazienti con forme gravi di Covid-19; non effettuano proprio alcun controllo. Sono loro stessi a spiegare i limiti della loro osservazione:
Il sistema di segnalazione spontanea di SAE gestito dal DKMA in Danimarca è un sistema di sorveglianza passiva simile al Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) negli Stati Uniti, e le segnalazioni provenienti da questi sistemi sono soggette a errori di segnalazione, con possibilità sia di sotto che di sovra- segnalazione, nonché dati incompleti e qualità variabile delle informazioni riportate. […] I risultati suggeriscono l’esistenza di un segnale di sicurezza dipendente dal lotto per il vaccino BNT162b2 e sono necessari ulteriori studi per esplorare questa osservazione preliminare e le sue conseguenze.
Conclusioni
L’idea che Pfizer avesse distribuito una parte di lotti placebo in Germania nonostante il Governo ne fosse al corrente è una narrazione che Kogon mette in piedi citando due professori tedeschi che a loro volta fanno una libera interpretazione di un lavoro danese, che per altro non è nemmeno uno studio ma una lettera, dove i ricercatori fanno riferimento a informazioni trapelate – e contestate – che suggerivano come alcuni dei primi lotti commerciali del vaccino BNT162b2 distribuiti in Danimarca avessero livelli di mRNA intatto inferiori a quanto previsto. Quindi gli autori si sono concentrati sulla variazione dei tassi di eventi avversi gravi tra i diversi lotti del vaccino di Pfizer e sulla necessità di monitorare attentamente la qualità e la sicurezza dei vaccini durante la produzione e la distribuzione.
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