Il signor Santanché stronca i direttori dei giornali: «Perdono tutti copie e nessuno ha fatto autocritica»
Che i giornali non siano particolarmente simpatici di questi tempi a Daniela Santanché e al suo compagno Dimitri Kunz si può anche capire. E i due non tengono affatto segreta questa antipatia. Soprattutto Dimitri, che ha voluto mettere nera su bianco una vibrante invettiva contro i giornali e i loro direttori, che a suo dire avrebbero sbagliato tutto in questi anni senza comprendere per tempo la salvezza che sarebbe venuta dal web (di cui apprezza i prodotti). La stroncatura è contenuta nella relazione di accompagnamento al bilancio consolidato 2022 di “Visibilia editore”, fatto approvare dall’assemblea della società di cui Dimitri è presidente e amministratore delegato dopo che Santanché, andando al governo, ha lasciato cariche e partecipazioni. Il bilancio ha chiuso con una perdita di 1,2 milioni di euro con un buon miglioramento rispetto al rosso di 3,5 milioni di euro dell’anno precedente.
L’invettiva di Dimitri Kunz d’Asburgo
Nella sua analisi di mercato il compagno di Santanché punta il dito proprio contro i quotidiani italiani: «Ci sono un paio di giornali», scrive, «che crescono di poche migliaia di copie, tutti gli altri perdono terreno, in percentuali che vanno dal 5 al 20 per cento ma tutte caratterizzate dal segno meno. Non sembra che nelle direzioni sia stato avviato alcun processo di autocritica. Eppure, basta confrontare la pulita e essenziale pagina on line di qualsiasi quotidiano con la ridondante pagina stampata della stessa testata per rendersi conto di come i giornali siano fuori dal tempo, se mai ci sono stati negli ultimi 20 anni». Secondo l’amministratore delegato di Visibilia «invece di pensare alla qualità dei contenuti (lingua italiana, precisione, accuratezza), i giornali hanno legato le loro sorti alla grafica, trascurando il fatto che uno dei giornali più belli del mondo, la rivista americana Life, ha chiuso i battenti nel 2007 schiacciata dalla potenza delle immagini in tv. Si osserva che si sta abbandonando la ragione essenziale della esistenza dei giornali, ovverosia la diffusione delle parole. Il fenomeno della crisi dei giornali tocca tutto il mondo occidentale. Siamo in presenza di una disaffezione mostruosa, che non è solo in Italia. Ma da noi altri elementi gravano e aggravano. A cominciare dal limitato successo della trasmigrazione sul digitale».
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