Il caso dell’ex ambasciatrice italiana e gli articoli “filorussi” sul Fatto Quotidiano: «Sono io Ipazia»
Scoppia la polemica sui social contro Elena Basile, l’ex ambasciatrice italiana in Belgio e in pensione dal 1 giugno, che ha confermato di aver scritto diversi articoli per il Fatto Quotidiano sotto lo pseudonimo “Ipazia”. Articoli considerati smaccatamente filorussi come l’ultimo, questo firmato con il suo vero nome, apparso sul quotidiano diretto da Marco Travaglio lo scorso 5 luglio con il titolo: «La posizione di Kiev mette a rischio tutti gli ucraini». In quell’articolo Basile commentava le dichiarazioni a Otto e mezzo su La7 del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, contestandogli che «non c’è alcuna minaccia all’Europa e non ci sarebbe stata invasione se il suo governo avesse difeso un percorso a vantaggio del suo popolo che poteva facilmente essere negoziato con Russia e Usa». Basile poi continuava spiegando che «con statisti che hanno a cuore il suo popolo, l’Ucraina non sarebbe un Paese in bancarotta, tenuto artificialmente in vita dall’Occidente, distrutto, che ha mandato a morte 250mila giovanissimi (arrotondo per difetto) e sta per farne massacrare altri assecondando la volontà della Nato».
La polemica
Tra i primi ad attaccare Basile c’era stato l’ex parlamentare radicale Marco Taradash che su Twitter ha scritto: «L’ex ambasciatrice dell’Italia in Svezia e in Belgio ci illustra il perfetto lavorio dei servizi russi sui nostri diplomatici all’estero». Ad attaccare c’è stato anche il senatore di Italia Viva, Enrico Borghi: «Inutile girarci intorno: il fatto che un alto funzionario statale, ganglio della nostra politica estera in vari paesi-chiave, sotto pseudonimo abbia attaccato apertamente il nostro Paese, il suo posizionamento e la sua politica e’ grave. Perché ha disinformato. Come vuole Mosca». A sollevare le critiche sui social è soprattutto il ruolo di diplomatica che Basile ha ricoperto fino al 1 giugno, quando poi è andata in pensione, mentre scriveva articoli sotto pseudonimo come «22 domande sulla carneficina», «Gli ucraini mandati a morire» e ancora «I diplomatici devono parlare» oltre a «Ucraina: macché “resistenza”».
La replica di Basile
Sui social Basile prova a difendersi colpo su colpo dalle accuse partite secondo lei: «Perché ho menzionato il governo ucraino. Siamo sotto controllo straniero. Sono stata indicata ai cani del branco, nel tentativo (vano) di zittimirmi. Esistono contratti tra i fanatici neoliberalismi e i servizi ucraini?». Intanto la Farnesina ha ribadito in una nota che Basile «non è più dipendente del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, e non riveste alcun ruolo all’interno dell’Amministrazione». La Farnesina ha anche preso le distanze da quegli articoli: «Le manifestazioni pubbliche della dottoressa Basile non riflettono in alcun modo la posizione del governo né del Ministero degli Esteri, e sono pertanto espresse a titolo puramente personale».
July 6, 2023
La difesa di Travaglio
Al Corriere della Sera, il direttore de il Fatto Quotidiano dice di considerare «prestigioso che abbia scritto articoli di quel livello spiegando ciò che tutti gli ex ambasciatori, generali e militari pensano. Se poi qualche malato di mente pensa che sono tutti al soldo di Putin non so che dire». A proposito di quei 250mila giovanissimi ucraini che più di uno considera una bufala, Travaglio risponde: «Dallo scoppio della guerra non è mai stata fornita una cifra certa dei morti ucraini. Io non conosco russi. E non accuso altri di prendere soldi dall’ambasciata americana. Mi limito a riportare i fatti. E aspetto che qualcuno dimostrerai che non sono veri. Invece dai “garantisti” viene l’accusa più calunniosa di filo-putinismo. Allora chiedo: Mark Milley, capo delle forze armate Usa, quando ha detto, aggiungendo purtroppo, che l’Ucraina non riuscirà a riconquistare le regioni perdute e il conflitto può finire solo con un negoziato aveva parlato con Putin? E il Papa quando ha parlato dell’“abbaiare della Nato alle porte della Russia”?».