Meloni rompe il silenzio sui casi giudiziari che coinvolgono il suo partito: «La Russa? Non sarei intervenuta, solidarietà alla ragazza»
Per due giorni, la Lituania è stato il centro dell’Occidente. È nella sua capitale, Vilnius, che circa 40 capi di Stato si sono ritrovati per il vertice Nato. Inevitabilmente, le conversazioni tra i leader dell’Alleanza atlantica hanno gravitato intorno all’aggressione russa in Ucraina. Tanto l’adesione imminente della Svezia – con il placet di Recep Tayyip Erdoğan -, quanto la promessa che anche Kiev, quando la guerra finirà, potrà aderirvi, hanno causato l’irritazione del Cremlino. Prima di rientrare a Roma con il resto della delegazione italiana – a Vilnius, tra gli altri, erano presenti i ministri Crosetto e Tajani -, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tenuto una conferenza stampa. «In questo mondo sempre più incerto, questo vertice è riuscito a ribadire una delle certezze che abbiamo avuto in questo tempo: nessuno di noi sarebbe al sicuro senza l’unità dell’Alleanza atlantica e la determinazione a difendere i valori e le regole del diritto internazionale». Esordisce così la leader di Fratelli d’Italia, sottolineando la centralità del tema ucraino nel corso del summit. Ma, «abbiamo anche chiesto maggiore attenzione nei confronti del fianco Sud».
Meloni giustifica così la richiesta: «La guerra in Ucraina ha avuto pesanti ripercussioni soprattutto sui paesi in via di sviluppo. Penso all’Africa, non perché il governo italiano abbia un’ossessione. Banalmente, perché è uno dei quadranti sui quali maggiormente si vedono ogni giorno le conseguenze del conflitto ucraino, che creano instabilità in cui si inseriscono spoiler esterni e l’avanzata del fondamentalismo, che si ripercuote anche da noi». La presidente del Consiglio ripete un concetto già espresso in passato, ovvero che «la libertà ha un costo». Ma, aggiunge, «quello che si investe in difesa torna dieci volte tanto in termini di difesa dei nostri interessi nazionali. Chi dice che dobbiamo smobilitare e denuncia certe ingerenze deve capire che le due cose non stanno insieme». Una dichiarazione che prelude alla questione delle spese militari che ogni Paese Nato si impegna a sostenere: «Crediamo che nell’impegno sul 2% di spesa dedicata alla difesa in rapporto al Pil si debba tenere conto della progressione, della sostenibilità e della responsabilità e della partecipazione al funzionamento dell’Alleanza che ogni alleato assume. Lo dico da premier di una Nazione che con quasi 3 mila uomini è il principale contributore in termini di presenza nelle missioni di pace».
Riguardo all’adesione dell’Ucraina alla Nato, la presidente del Consiglio conferma «i passi avanti importanti», spiegando che nel corso del summit si è deciso per uno «snellimento percorso di adesione». Ma, ribadisce, «l’Ucraina entrerà nella Nato quando le condizioni lo permetteranno». Tradotto: dovrà prima cessare la guerra. «Continuiamo a lavorare per favorire le condizioni per un processo negoziale che porti a una pace giusta, duratura, globale. È evidente che senza adeguate garanzie di sicurezza per l’Ucraina è molto più difficile arrivare alla pace. La Russia in passato ha molto spesso violato i patti che aveva sottoscritto». Ricordando che, il prossimo anno, l’Italia ospiterà il G7, il capo dell’esecutivo afferma: «Intendiamo giocare un ruolo di primo piano anche sul tema della ricostruzione, considero lavorare sulla ricostruzione dell’Ucraina anche un modo per scommettere su un futuro di pace, libertà e benessere euroatlantico per questa Nazione». Prima di passare agli argomenti più scottanti per il suo governo, ovvero quelli relativi ai casi giudiziari che coinvolgono il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e la ministra del Turismo Daniela Santanchè, Meloni annuncia che, il prossimo 27 luglio, sarà alla Casa Bianca dopo aver ricevuto un invito da Joe Biden.
La posizione di Meloni sulle inchieste giudiziarie degli esponenti del suo governo
Santanchè? Se ricevesse un avviso di garanzia, «non si deve dimettere». Delmastro? «È singolare la scelta di un giudice di procedere con l’imputazione coatta proprio contro un membro del governo». Si identifica nella nota firmata “fonti Chigi” che parla di una parte di magistratura che ha deciso di svolgere un ruolo attivo di opposizione? «Sì». Sono alcune delle risposte date da Meloni sulle domande relative ai casi giudiziari che riguardano la ministra e il sottosegretario di governo, entrambi di Fratelli d’Italia. Tradisce quindi anche la premessa in cui sottolineava che non «c’è alcun conflitto con la magistratura e non tornerà lo scontro con le toghe». Rivendicando il comunicato di Palazzo Chigi e dubitando del magistrato che, nonostante la richiesta di archiviazione, ha ritenuto che un’ipotesi di reato per Delmastro c’è e resta in piedi, la presidente del Consiglio critica, di fatto, una parte della magistratura. Non evita di rispondere sul caso che coinvolge il figlio di Ignazio La Russa, cofondatore del suo partito, accusato di violenza sessuale. E tra le tre questioni, è quella dove non riesce a mantenere un atteggiamento difensivo nei confronti del suo inner circle: «Non sarei intervenuta nel merito della vicenda», afferma. E prende le distanze dalle dichiarazioni del presidente del Senato: «Tendo a sodalizzare per natura con una ragazza che denuncia e non mi pongo il problema dei tempi».
Il caso Delmastro
Meloni fa un distinguo tra le tre vicende. Si dice particolarmente colpita dal caso Delmastro, poiché, secondo lei «si tratta di una questione politica, riguarda un esponente del governo in esercizio del suo mandato. Nei suoi confronti viene disposta l’imputazione coattiva contro il parere del pm, tra l’altro di una procura non abituata a fare sconti. Ho chiesto quanti sono i casi di imputazione “coattiva”, mi è stato risposto che sono irrilevanti sul piano statistico». Poi prova a spiegare come la magistratura dovrebbe agire, in qualche dichiarazione che può suonare foriera di prossime riforme del sistema giustizia: «Per come la vedo io, il processo di parti e la terzietà del giudice significa che il giudice non dovrebbe sostituirsi al pm. Lo dico perché credo che queste siano il senso delle dichiarazioni del ministero della Giustizia». Rilancia l’intenzione di procedere con la separazione delle carriere, tema caro al centrodestra: «È nel nostro programma». Meloni si assume la responsabilità della nota di Palazzo Chigi, quella in cui viene attaccata una fetta della magistratura italiana, e spiega: «La nota Chigi non è riferibile al tema La Russa in alcuna misura, ma al combinato disposto fra l’imputazione “coattiva” a Delmastro, che è una cosa che guardo con stupore, di fronte una richiesta di archiviazione, una scelta lecita giuridicamente ma un fatto che non avviene quasi mai, nel momento in cui avviene nei confronti di un sottosegretario, io ne assumo la consapevolezza, esattamente come rispetto all’avviso di garanzia alla Santanché. Il fatto che si apprenda dai giornali non è nomale in uno stato di diritto. Se saltano le regole uno si deve interrogare sul perché».
Il caso Santanchè
«La questione Santanchè – a differenza di quella relativa al sottosegretario alla Giustizia – è extrapolitica, non riguarda la sua attività di ministro, che sta facendo molto bene. È una questione molto complessa, va vista nel merito quando il merito sarà completamente conosciuto, ma credo che questo competa alle aule dei tribunali e non alle trasmissioni tv. L’anomalia è che al ministro non venga notificata l’indagine, ma viene notificata a un quotidiano il giorno stesso in cui lei va in Aula per l’informativa. Io segnalo un problema di procedura». E si rivolge ai giornalisti: «Chiedo a voi se questo è normale, perché se fosse normale avremmo un problema in termini di stato di diritto». Meloni, oltre a criticare la procura, attacca duramente anche l’imprenditore Carlo De Benedetti, editore del quotidiano Domani: «Quando qualcosa non funziona sul piano della procedura diventa più difficile valutare il merito, quando un ministro si trova un’indagine non notificata su un quotidiano, sul quotidiano di un imprenditore non nelle condizioni di fare la morale sul piano dei debiti». Poi, a domanda diretta se un avviso di garanzia per Santanchè determinerebbe le sue dimissioni, difende la ministra: «No, un avviso di garanzia non determina le dimissioni di un ministro, a maggior ragione con queste modalità», ventilando che contro membri del suo governo è in corso un attacco che fuoriesce dal normale perimetro giuridico.
Il video della conferenza stampa
In aggiornamento
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