Pina Picierno: «Sulle armi all’Ucraina nessuna divisione nel Pd. Meloni su La Russa? Parole giuste, me le aspettavo prima» – Il video
Nessuna divisione interna, «quelle di Bartolo e Smeriglio sono posizioni personali, legittime, ma il Pd non si è mai diviso sul sostegno all’Ucraina», chiude le discussioni così, la vice presidente del Parlamento europeo Pina Picierno a conclusione del voto sulla direttiva Asap che impegna i membri dell’Unione ad aumentare la produzione di armi in favore di Kiev col voto contrario, tra gli altri, di due europarlamentari dem.
Nessun problema nel Pd?
«Sono posizioni che abbiamo sempre registrato, non sono una novità, ma la linea del Partito democratico è stata cristallina. Lo dico anche rispetto ad alcune ricostruzioni secondo cui il Pd si è intiepidito sull’Ucraina. Alla prova dei fatti non è mai stato così, quando si è trattato di votare, al netto di posizioni singole, le scelte sono sempre le stesse e solide. La sinistra non può che guardare al mondo con gli occhi degli aggrediti e questo riguarda tutti i partiti progressisti che abbiamo in Europa. Non è un caso che i partiti socialisti europei non abbiano avuto dubbi nel sostegno al popolo ucraino che si sta opponendo fieramente all’aggressione criminale condannata da tutto il mondo».
In Italia è stato votato un odg bipartizan che impegna il governo a non usare i fondi del Pnrr per produrre armi.
«I fondi del Pnrr sono stati pensati per ridurre le disuguaglianze in Europa e non per altro. Ma non possiamo dire che è giusto sostenere la resistenza ucraina e poi non inviare munizioni quando queste sono terminate. Inviare armi non è l’unica cosa che stiamo facendo, stiamo attivando canali umanitari e accogliendo i profughi, ma la resistenza va sostenuta anche attraverso l’invio di armi».
Si è discusso dell’invio di bombe a grappolo, promesso dagli Stati uniti
«Il divieto per chi ha firmato la convezione non è in discussione. Ma, ribadisco, non può servire come alibi per mettere in discussione il rifornimento di armamenti. E questa è una posizione di sinistra che non riguarda ovviamente solo l’Ucraina ma anche, ad esempio, il Mediterraneo. Lo sguardo di un ragazzo che ci guarda da Kiev non è diverso da chi fugge dalle guerre nel Sud del mondo. L’Europa intimorita dalle sfide globali, siano esse i conflitti o gli epocali fenomeni migratori, è progressivamente un ricordo più lontano».
Insomma nessun cambio di linea?
«No, la posizione della segretaria è stata molto chiara».
Ieri è stata votata anche una risoluzione sul “ripristino della natura” sul territorio europeo. Doveva essere un banco di prova importante per il nuovo asse tra Popolari europei e destre, ma non è andato a buon fine. In Italia però i Conservatori dicono che quella prospettiva resta, è così?
«E’ stata una netta vittoria politica, possiamo dirlo con chiarezza, del fronte progressista e ambientalista. C’è una maggioranza all’interno di questo parlamento che fa del Green deal una priorità. Del resto ricordo che il Green deal è stato definito una priorità da questa Commissione europea presieduta da Ursula Von Der Leyen, che è una popolare, e della sua presidenza è stata l’azione più caratterizzante. E’ stato il modo con cui l’Europa ha deciso di guardare al mondo, scommettendo su una nuova rivoluzione, paragonabile alla rivoluzione industriale, puntando sulle nuove tecnologie, il green e importanti investimenti di riconversione. Ora, la maggioranza dei popolari ha fatto una marcia indietro e quindi credo che il punto sia proprio questo: il Ppe da che parte della storia vuole stare? Dalla parte dell’integrazione europea o dei passi indietro nazionalisti? La prossima legislatura sarà fondamentale per le nuove riforme e i popolari dovranno decidere da che parte vogliono stare, perché in questa ultima parte di legislatura hanno dimostrato di voler tornare indietro».
Quanto peserà l’ambiente sugli scontri politici futuri in Europa?
«E’ un tema identitario quindi pesa e peserà, l’ambiente è uno dei temi che più dividono progressisti e conservatori. Però, appunto, è soprattutto il Ppe, che con Von der Leyen ha aperto la strada del Green New Deal, a dover scegliere. Abbiamo avuto un parlamento e una commissione inizialmente molto recettivi, anche rispetto a movimenti giovanili molto forti in Europa e ai segnali molto chiari che l’ambiente, coi frequenti eventi climatici estremi, ci manda. Ora c’è un passo indietro»
Poche ore dopo il voto del Parlamento europeo che avvia le trattative per una nuova direttiva sulle violenze sessuali e di genere, il premier Giorgia Meloni ha preso posizione sul caso Leonardo La Russa. Come giudica le sue parole?
«Sono parole giuste, mi domando perché così tardive. Mi sarebbe piaciuto che fosse intervenuta prima di tutti noi. Giorgia Meloni è la prima premier donna italiana e mi sarebbe piaciuto che fosse intervenuta subito. Mi spiace che queste parole siano arrivate, chiare, ma tardive. E a questo punto mi aspetto che vada avanti. Siamo in fase di trilogo col consiglio europeo, io spero che manterremo l’impegno di dire con chiarezza che in mancanza di consenso è sempre stupro. La direttiva introdurrà un tempo molto ampio per denunciare e questo sarà un punto importante per l’Italia, visto che da più parti ho sentito le solite, vecchie, parole sul fatto che la presunta vittima si è “ricordata tardi”. Da tempo abbiamo capito che queste parole sono “vittimizzazione secondaria”, cioè una vera e propria seconda violenza sulla donna. Anche per questo, all’interno della direttiva, il Parlamento europeo chiarisce che la donna ha almeno venti anni per denunciare, proprio perché sappiamo che un trauma necessita anche di tempi per essere elaborato».
Questo modificherebbe il codice italiano?
«Sì, la direttiva è vincolante per gli stati membri che devono recepire entro due anni. Mi aspetto, tanto più dopo le parole di ieri, che la premier Meloni si impegni a recepire subito».
Oggi si è parlato anche di Patto di stabilità, un nuovo meccanismo da approvare entro l’autunno.
«Il commissario Gentiloni ha avuto la capacità di trovare un punto di equilibrio tra la necessità di tenere i conti in ordine, anche perché il peso del debito pubblico pesa sulle future generazioni, e un meccanismo di flessibilità importante sul rientro dal debito dei paesi maggiormente esposti.
In Italia si parla sempre dei tempi di approvazione del Pnrr e del giudizio che c’è in Europa, dalla prospettiva del Parlamento europeo che giudizio ha?
«Il Pnrr è chiamato ad occuparsi di ridurre le disuguaglianze, specie tra Nord e Sud, tra generi e a favore dei giovani che spesso sono obbligati a lasciare il paese per lavorare. Io più che preoccuparmi del giudizio dei colleghi nel Parlamento europeo sono preoccupata da cittadina meridionale che è cresciuta in un piccolo paese del Sud dalla possibilità che l’occasione offerta dal Pnrr possa essere persa. Vedo ancora mancanza di trasparenza e occasioni perse, al di là delle rassicurazioni del ministro Fitto c’è davvero tanto lavoro da fare che non è stato fatto o non è stato fatto pienamente. L’investimento economico è molto significativo ma dobbiamo davvero utilizzarla questa occasione e non fare come purtroppo è stato fatto in altre occasioni con i fondi europei. Io sono preoccupata dal doppio binario che vede una parte di paese che coglie l’occasione e un’altra parte che non ce la fa. Ora o noi riusciamo a cogliere l’occasione di ridurre le disuguaglianze oppure avremo tutti fallito, ognuno per la sua parte, e quindi il governo avrà le maggiori responsabilità di questa sconfitta che speriamo di scongiurare.
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