Perquisiti ieri casa e ufficio di Dell’Utri su ordine dei pm di Firenze che indagano sulle stragi del 1993
Superato lo shock della morte di Silvio Berlusconi, ieri Marcello Dell’Utri ne ha dovuto affrontare un altro. L’ex manager di Publitalia e senatore condannato per associazione mafiosa si è trovato davanti alla porta gli investigatori della Dia di Firenze e Milano. Obiettivo: una perquisizione in casa disposta dai procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli e dal pubblico ministero Lorenzo Gestri. la Repubblica scrive oggi che gli agenti hanno ispezionato pure gli uffici dell’ex senatore in via Senato. E sono stati individuati e sequestrati elementi utili all’indagine. A Dell’Utri, fresco erede di 30 milioni nel testamento dell’ex Cavaliere è stato notificato anche un avviso di garanzia. Il 18 luglio sarà interrogato a Firenze.
Trent’anni fa
Le stragi del 1993 sono la continuazione della strategia stragista di Cosa Nostra dopo l’arresto di Totò Riina. Generalmente ci si riferisce a tre episodi: l’attentato a Maurizio Costanzo in via Fauro, gli attentati a Firenze, Milano e Roma, quello allo stadio Olimpico di Roma non riuscito. Secondo la tesi dell’accusa servivano per indebolire il governo Ciampi. E a «diffondere il panico e la paura tra i cittadini, in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri». Proprio lui è accusato di aver istigato e sollecitato il boss Giuseppe Graviano «ad organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l’affermazione di Forza Italia, fondata da Silvio Berlusconi, al quale ha fattivamente contribuito Dell’Utri».
La presunta trattativa
Il tutto, sempre secondo l’accusa, sarebbe accaduto «nel quadro di un accordo, consistito nello scambio tra l’effettuazione, prima, da parte di Cosa nostra, di stragi, e poi, a seguito del favorevole risultato elettorale ottenuto da Berlusconi, a fronte della promessa da parte di Dell’Utri, che era il tramite di Berlusconi, di indirizzare la politica legislativa del Governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro di patrimoni, ricevendo altresì da Cosa nostra l’appoggio elettorale in occasione delle elezioni politiche del marzo 1994». In particolare si parla dell’attentato dell’Olimpico. Che doveva uccidere decine di carabinieri in servizio il 23 gennaio 1994. Tre giorni prima dell’annuncio della discesa in campo di Berlusconi.
L’incontro al Bar Doney
In questa prospettiva si colloca l’incontro tra Gaspare Spatuzza e “Madre Natura” (il soprannome di Giuseppe Graviano) al bar Doney dalle parti di via Veneto a Roma. Nell’occasione, secondo Spatuzza, il capomandamento di Brancaccio gli confida che la stagione delle stragi di Cosa Nostra è finita. Perché la mafia aveva trovato “un accordo” con lo Stato. E gli indica Berlusconi e Dell’Utri. Nel gennaio 1994, nonostante il presunto accordo, i Graviano vengono arrestati in un ristorante a Milano. E da quel momento si trovano al 41 bis. Dopo le autobombe Spatuzza, su ordine di Giuseppe Graviano, imbuca una serie di lettere destinate alle redazioni dei quotidiani: «Tutto quello che è accaduto è soltanto il prologo, dopo queste ultime bombe, informiamo la Nazione che le prossime a venire andranno collocate soltanto di giorno ed in luoghi pubblici, poiché saranno esclusivamente alla ricerca di vite umane. P.S. Garantiamo che saranno centinaia».
L’accordo
In questa ottica ci sarebbe stato un accordo tra i mafiosi e l’ex senatore: «Dell’Utri è portatore di un profilo particolarmente adatto per alimentare intese stragiste», scrivono i pm. Ricordando che «ha svolto un ruolo di trait d’union tra il Cavaliere e la criminalità mafiosa dal 1974 al 1992, che è risultato far ricorso alle sue conoscenze mafiose per alimentare la nascita di Forza Italia». Nell’indagine si parla di due canali di comunicazione tra Cosa Nostra e Dell’Utri. Il primo vede protagonista lo stalliere Vittorio Mangano (che il senatore definì “un eroe”), che sarebbe stato il punto di congiunzione con Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. Il secondo vede protagonisti i fratelli Graviano. Che si rapportavano con Dell’Utri e Berlusconi. Nel suo memoriale Graviano ha raccontato una storia di investimenti di “imprenditori palermitani” tra cui c’era anche il nonno materno. E che a un certo punto sarebbe stato seguito da lui e da suo cugino.
I soldi e le intercettazioni
I soldi di Berlusconi a Dell’Utri invece inducono gli inquirenti a ritenere che «le erogazioni costituiscano la contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto». Poi ci sono le intercettazioni. In alcune si fa riferimento alla necessità di ricattare Berlusconi. Miranda Ratti, moglie di Dell’Utri, è invece indagata per trasferimento fraudolento di valori. Il 15 ottobre 2021 Dell’Utri parla con Gianfranco Miccichè dell’elezione del presidente della Repubblica. I magistrati scrivono: «Gianfranco Micciché, riportando quanto gli aveva confidato Matteo Renzi, riferiva a Marcello Dell’Utri: “Berlusconi mi ha detto dieci volte ‘Io ho bisogno solo di un Presidente della Repubblica che dia la grazia a Marcello’». Nella conversazione «emerge, altresì, che Berlusconi, secondo Micciché, ha riferito a Matteo Renzi, nel corso di una cena effettuata a Firenze, che: ‘Marcello è in galera per colpa mia’».
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