Sgarbi rivendica la ribellione alla Bohème: «Ho detto io a Veronesi di dirigerla bendato, il regista voleva usarla contro il governo»
Non accennano a spegnersi, il giorno dopo, le polemiche per l’apertura del Festival musicale dedicato a Giacomo Puccini in Toscana. Ieri sera, con una performance inattesa, il maestro Alberto Veronesi ha diretto La Bohème del grande compositore italiano bendato. Una forma di protesta plateale contro la scelta del Festival, e del regista Christophe Gayral in particolare, di ambientare l’opera nel 1968. E che è valsa al direttore, figlio dell’oncologo Umberto e già candidato prima con Beppe Sala e poi con Fratelli d’Italia in Lombardia alle ultime regionali, fischi e insulti dal pubblico. Oggi Veronesi spiega all’Ansa di aver voluto dirigere comunque La Bohème nonostante il dissenso sulla scelta dell’ambientazione «per rispettare gli impegni contrattuali» col Festival. «Se non avessi diretto avrei creato problemi per una sostituzione, e poi ho sempre mantenuto gli impegni contrattuali», ha spiegato, segnalando, al contempo, che «non c’è scritto da nessuna parte che non potessi dirigere bendato, quindi ho preso questa decisione». Ma ad intervenire sulla polemica è stato oggi anche il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, che ha confermato di essere in sostanza il «mandante» della performance di Veronesi. «Gli ho detto io di dirigere bendato La Bohème, è un’idea mia e lui ha fatto bene a seguirla», afferma Sgarbi in una nota. Che spiega poi come quello della messa in scena di Torre del Lago sia «un problema politico», e non estetico, ossia «l’uso e l’abuso da parte del regista di un incarico avuto dal Festival Pucciniano per dichiarare con la regia le sue intenzioni politiche e socio psicologiche». Quella di Christophe Gayral «è una regia o un comizio?», chiede provocatoriamente l’esponente del governo Meloni. Che rincara la dose: «E la regia de La Bohème dev’essere lo strumento per criticare il governo e le istituzioni che finanziano il Festival e le celebrazioni Pucciniane? Per il ’68 io attendo altra musica, non quella di Puccini che dovrebbe essere lasciato in pace».
Verso la rottura tra Festival e Veronesi
Gli organi del Festival intanto si sono riuniti, anche con i legali di riferimento, e hanno fatto sapere, riguardo al prosieguo della collaborazione col direttore «ribelle» che la Fondazione Festival Pucciniano «si riserva di adottare ogni iniziativa a tutela del proprio pubblico, dei propri lavoratori e per evitare a Veronesi il disagio di dirigere le prossime rappresentazioni». Si guarda, insomma, al modo più consono di interrompere il rapporto con Veronesi, il quale da cartellone (e da contratto) dovrebbe dirigere anche le tre successive recite de La Bohème a Torre del Lago: il 29 luglio, poi il 10 ed il 25 agosto. Il suo, sottolinea la Fondazione, è «un gesto da condannare, soprattutto perché irrispettoso nei confronti di quanti hanno lavorato con passione e professionalità per realizzare lo spettacolo». Il Festival si era peraltro già aperto all’insegna delle polemiche, per la decisione del direttore d’orchestra Beatrice Venezi – di cui sono note le simpatie per Fratelli d’Italia e il governo Meloni – di eseguire fuori programma l’Inno a Roma di Puccini, opera di cui si appropriò poi il fascismo e che fu caro anche all’Msi.
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