Forlì, l’insegnante che a due mesi dall’alluvione in Emilia Romagna vive in camper. «La nostra casa danneggiata dal fango rischia di crollare»
Si chiama Alice Casadei, ha 46 anni, vive a Forlì. O meglio vive in un camper a Forlì, insieme al marito e allo zio di 84 anni perché, da quel maledetto giorno in cui l’alluvione in Emilia-Romagna ha allagato la sua casa, Alice è rimasta senza un tetto. La donna risiedeva in una palazzina di via Pelacano. Nell’alluvione – spiega il Corriere della Sera che l’ha intervistata – ha perso i risparmi di una vita: non solo la casa di cui aveva appena finito di pagare il mutuo, ma anche un piccolo negozio che aveva appena trasformato in appartamento da affittare. Alice è un’insegnante precaria. Attualmente non lavora, perché a giugno le è scaduto il contratto.
«Quello che è successo è peggio del terremoto. Almeno dopo il sisma si iniziò a ricostruire»
L’insegnante ricorda quelle terribili ore in cui il fango ha portato via tutto. «La prima ondata d’acqua – racconta – è arrivata dalle fogne che ha portato con sé una puzza mostruosa, poi dal bagno e dalla doccia. In un secondo momento, da via Pelacano, è arrivata dentro l’acqua del fiume Montone e al contempo un’altra ondata dalla parte dell’orto degli anziani. In pratica, l’acqua arrivava da tre diverse direzioni e ha presto inondato completamente il piano terra. Non abbiamo potuto far altro che salire al primo piano con le poche cose che siamo riusciti a portarci via. Ci sembrava di essere dentro un film… dell’orrore, però. Ho ancora gli incubi di notte». Ora vivono in camper: «Semplicemente perché la nostra casa non è più sicura, è piena di crepe importanti e il soffitto rischia di cadere da un momento all’altro, a causa di un muro che si è rovinato e non regge più come dovrebbe. Anche il giardino si è allagato, ma lì l’acqua è salita di soli 70 centimetri, così siamo riusciti a recuperare il vecchio camper. Ma come faremo una volta finita l’estate, appena ricomincerà il freddo?». L’entità dei lavori da affrontare, spiega, è sui 200 mila euro. «Francamente, dopo tutti i sacrifici fatti in questi anni, non abbiamo più voglia di fare debiti per una colpa non nostra. Quanto successo è peggio del terremoto: in Emilia si è iniziato subito a ricostruire, qua non è possibile perché l’acqua è penetrata in profondità e bisogna vedere nel tempo cosa accadrà. I tecnici dicono che sarà necessario aspettare fino ad almeno la prossima estate, per vedere come ‘reagirà’ la casa», racconta l’insegnante. Si sente abbandonata dallo Stato. «L’incubo – conclude – non è finito perché non arrivano risposte da Comune, Regione e Governo e andare avanti da soli è dura. Ora è stato nominato il commissario Figliuolo e speriamo che qualcosa si sblocchi, ma non sono molto fiduciosa, credo che per vedere aiuti ci vorranno almeno due anni. La rabbia è montata di pari passo, così ho iniziato frequentare riunioni e consigli comunali. Come me, tante persone aspettano solo di sapere come comportarci, di avere un programma di ricostruzione per i prossimi mesi, con delle priorità predefinite, per tornare a sorridere. Mi piacerebbe tanto che venisse replicato il decreto speciale dell’Emilia, per aver la possibilità di buttar giù la casa e ricostruire…».
(Foto di repertorio Ansa/Valeri)
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