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I soldi, il razzismo, la droga: perché Mattia e Roberto Toson sono in carcere per l’omicidio di Thomas Bricca ad Alatri

omicidio thomas bricca alatri
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La ricostruzione del delitto nell'ordinanza di custodia cautelare: dalle risse di due giorni prima alla testimonianza della fidanzata

Roberto Toson guidava il motorino T-Max. Mattia Toson ha sparato. Molto probabilmente con l’intenzione di colpire Omar Houdi quella sera nel “Girone” di Alatri. Ma il giubbotto bianco che indossava Thomas Bricca gli è stato fatale. Per questo i due, padre e figlio, sono stati arrestati. Secondo l’ordinanza di custodia cautelare tutto comincia il 28 gennaio con una rissa. E finisce due giorni dopo con l’omicidio. Bricca non c’entrava nulla con le risse tra i clan anche se era presente in una delle due occasioni. Mentre i due sono stati aiutati da elementi della loro famiglia nella costruzione dell’alibi poi rivelatosi falso. I due saranno interrogati nel carcere di Civitavecchia venerdì 21 luglio. Ad assisterli saranno gli avvocati Angelo testa del Foro di Frosinone ed Umberto Pappadia del foro di Santa Maria Capua Vetere.

La storia

La storia che porta all’omicidio di Thomas Bricca comincia il 28 gennaio 2023. Quel giorno Roberto Toson si fa prestare un cane rottweiler da un parente e si presenta ad Alatri dove ci sono Houdi e Bakrash Sameh Ahmed Alì. Toson ordina al cane di attaccare Sameh dopo uno scambio di sguardi e di insulti. Ma il rottweiler non obbedisce. Allora lui chiama i suoi due figli. Che si presentano insieme a Cristian Belli e Alexandru Nicolae Negru. A loro racconta di essere stato minacciato con un coltello. Scatta la rissa e Omar e Sameh hanno la peggio. Intervengono anche i genitori di Houdi, che mettono fine alla rissa. Poi Omar va a farsi medicare al pronto soccorso e sporge denuncia. Il giorno dopo, 29 gennaio, scatta la vendetta. È Omar a presentarsi con una decina di amici in centro ad Alatri. Nell’occasione si presenta Bruno Spada. Che cerca di far da paciere tra i due gruppi.

Le aggressioni e l’omicidio

Spada dice a Houdi che i Toson non ce l’hanno con lui perché sono razzisti: infatti sono suoi amici anche se lui è di origine gitana. Ma alla fine la rissa scoppia lo stesso. Anche perché le persone che accompagnano Omar hanno bastoni e bottiglie. Durante le botte alcuni di loro spingono di sotto da una balaustra Francesco Dell’Uomo, che è fratellastro di Roberto Toson. E scatta l’idea di una vendetta. Che, secondo l’accusa, i due mettono in azione la sera successiva. La ricostruzione degli inquirenti dice che Roberto Toson guidava il T-Max mentre a sparare è stato Mattia. Sono loro che girano con il motorino nel parcheggio, fanno dietrofront per essere pronti a scappare. A quel punto, secondo i testimoni oculari, uno dei due, il passeggero, spara. Forse due volte. Colpisce Thomas e i due scappano. Hanno un casco bianco e uno nero.

L’alibi

Subito dopo l’omicidio i due vanno a costruirsi un alibi. Mattia prende l’auto della fidanzata che aveva in prestito, va a prenderla e si presenta alla festa di compleanno sua e di Romeo Spada, figlio di Bruno. Arrivano alle 20,55 e lei si scusa per il ritardo. Durante il tragitto Beatrice Coccia sente dei rumori che provengono dal bagagliaio. C’è qualcosa che rotola. Quando il fidanzato la lascia in auto per rifarsi il trucco lei lo apre. E nota, appunto, un casco bianco. Poco prima dell’arrivo alla festa Roberto videochiama Mattia. L’uomo, che è sottoposto alla sorveglianza speciale e deve essere in casa alle 21 per i controlli, si fa trovare in pigiama. Secondo gli inquirenti perché così vuole costruirsi un alibi.

Le indagini successive

Le indagini puntano subito sui due. Che hanno spento i telefoni cellulari durante quel pomeriggio. E li hanno riaccesi solo dopo l’omicidio. La fidanzata di Mattia lascia il ragazzo e poi finisce per vuotare il sacco con gli inquirenti. Anche a causa di una bravata del ragazzo, che la contatta su Telegram per dirle che deve andare a guardare cosa c’è nello sterzo della sua auto. Mattia vuole dirgli, senza farlo esplicitamente, che l’auto di Beatrice è sotto controllo. Ma lei non capisce e pensa che nascosta nella macchina ci sia la pistola dell’omicidio. Allora, dopo essersi consultata con la madre, va dai carabinieri. Racconta del dialogo con Mattia ma anche di quello che era successo quella sera.

I punti oscuri

Ma nell’inchiesta ci sono anche punti oscuri. Uno riguarda l’arrivo dei Toson in motorino nella piazzetta dell’omicidio. Secondo i testimoni il mezzo si presenta dopo qualche minuto dall’arrivo di Omar. Come se qualcuno li avesse avvertiti. Gli inquirenti non hanno nemmeno trovato il motorino e la pistola. Ma agli atti c’è la testimonianza di un amico di Mattia, che dice che su Instagram il ragazzo aveva postato una foto che lo ritraeva su un motorino di quel tipo. E l’aveva cancellata dopo l’inizio delle indagini. La fidanzata ha invece confermato di aver visto una pistola a tamburo – dello stesso tipo di quella che ha ucciso Bracci – nella camera del ragazzo.

Il movente

Un altro punto oscuro è il movente. Ed è proprio il giudice delle indagini preliminari Antonello Bracaglia Morante a farlo notare. Di sicuro la causa scatenante dell’omicidio sono le risse scoppiate nei giorni precedenti l’omicidio. Ma il Gip dice che la procura non ha fornito abbastanza prove sulla ricostruzione finalistica di base. Che secondo l’accusa risiederebbe nello scontro tra i due gruppi, quello di Omar e quello dei Toson. Questi ultimi, secondo l’accusa, erano dediti allo spaccio di cocaina. E la circostanza sarebbe in parte riscontrata dalla disponibilità economica (30 mila euro) di Mattia Toson. Che si faceva tenere i soldi dalla fidanzata, e glieli ha chiesti nel giorno dell’omicidio. Salvo poi cambiare idea e lasciarglieli. L’altro gruppo invece si dedicava allo spaccio di hascisc. E proprio il predominio sul territorio sarebbe alla base dei contrasti. Ma secondo il Gip questa accusa non è stata sufficientemente provata.

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