Alberto Fortis e la canzone sui “romani ruffiani”: «Era una critica alla burocrazia ma sono stato boicottato dalla Rai»
Il cantante Alberto Fortis nei primi anni 80 ebbe un successo clamoroso. In classifica era subito dietro a Michael Jackson e ai Dire Straits. Ha scritto e registrato 12 album. Il primo, omonimo, uscito nel 1979, conteneva le canzoni A voi romani e Milano e Vincenzo. Che sono rimaste tra le sue più famose. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera spiega che oggi continua la sua lunga carriera, tra concerti e nuovi brani. Ha pubblicato di recente un brano latin pop: Mambo Tango & Cha Cha Cha. E a Renato Franco racconta il primo contratto con l’etichetta Rca: «All’inizio provai una felicità indescrivibile, ma ai tempi la politica consolidata era di mettere i giovani promettenti sotto contratto per non farli andare in altre case discografiche».
Vincenzo
Proprio per questo è rimasto fermo due anni: «Io scalpitavo, avevo la promessa di realizzare la mia prima opera, ma niente. Era un tempo enorme, così sbottai con le famose canzoni Milano e Vincenzo e A voi romani». Vincenzo era il discografico Vincenzo Micocci, a cui cantava “Io ti ammazzerò, sei troppo stupido per vivere“. «Ma poi abbiamo fatto pace», precisa. La canzone sui romani ruffiani invece «fu un casus belli. I due obiettivi erano la discografia che faceva male al sistema e l’apparato socio-burocratico di Roma che per un ragazzo giovane e ingenuo come me era inconcepibile». Ma all’epoca Pippo Baudo non la prese bene: «Ero andato a fare un’intervista in Rai, finisco e sento la sua voce inconfondibile: Ma chi è questo incivile? Lo voglio vedere, lo voglio incontrare! Ci incontrammo e lui capì che non ero un bifolco, siamo anche diventati amici. Certo quella canzone mi ha causato parecchi problemi, fui marchiato con la lettera scarlatta ai piani alti della discografia e della Rai».
Il successo e le ragazze
Poi arrivò il grande successo: «Dopo i concerti non si riusciva ad andare via dai palazzetti, si stava almeno un’ora nei camerini, perché ti ritrovavi tra le 600 e le 800 persone ad aspettarti. Una volta che riuscivi a entrare nel van iniziavi a sentire il rumore sordo delle mani che battono sui vetri. Rossana Casale, la mia fidanzata, ogni tanto piangeva perché non ne poteva più». Ma soprattutto c’erano le ragazze: «Facevano i sit-in sotto il palazzo dove abitavo in via Rovello a Milano, non si riusciva a entrare. Quando uscivo alla mattina trovavo già le ragazze sul pianerottolo di casa; tra il quarto piano – dove abitavo – e il secondo i muri erano pieni di graffiti e scritte con dediche e numeri di telefono».
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