Terre rare, l’idea di un gruppo di docenti italiani: «Non servono nuovi giacimenti, sostituiamole con materiali più sostenibili»
Sono state definite l’«elefante nella stanza» della transizione ecologica e da qualche anno sono diventate uno dei beni più contesi di tutto il mondo. Si tratta delle materie prime critiche, ossia di tutti quei metalli e altri materiali che vengono considerati fondamentali per compiere il passaggio a un’economia più sostenibile. Ma che allo stesso tempo – per ragioni geologiche, storiche e politiche – oggi sono distribuite in modo molto diseguale sul pianeta. Tra questi materiali ci sono anche le terre rare, un gruppo di 17 elementi della tavola periodica dagli usi più disparati: auto elettriche, fibre ottiche, turbine delle pale eoliche. L’accesso alle terre rare, così come al resto dei materiali critici, si scontra principalmente con due problemi. Primo: la Cina controlla la stragrande maggioranza della distribuzione globale. Secondo: l’estrazione di terre rare è un processo inquinante e molto costoso. Come se ne esce? Una possibile soluzione potrebbe arrivare dalla Fondazione Rara Ets, una no-profit fondata da alcuni professori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’idea non prevede né di stringere accordi con Paesi esteri, né di cercare nuovi giacimenti sul suolo europeo. Piuttosto, creare dei nuovi materiali compositi – formati da elementi più abbondanti e distribuiti su tutto il pianeta – che possano avere le stesse proprietà delle terre rare.
L’illusione del giacimento in Svezia
A inizio anno, la Svezia ha annunciato di aver scoperto il più grande e promettente giacimento di terre rare in Europa. Il problema è che si trova in un territorio sacro per i Sami, una popolazione autoctona dei Paesi scandinavi. Nel 2007, l’Onu e l’Unione europea hanno criticato il governo svedese proprio in merito al mancato rispetto dei diritti dei Sami. Perciò, appare «molto improbabile» che l’apertura di una miniera su quello stesso terreno possa essere accettata facilmente dalla popolazione locale. Anche il governo italiano ha avviato uno studio per mappare il sottosuolo e scoprire eventuali giacimenti di materiali critici. Ad oggi però è difficile avere un’idea chiara delle potenzialità del nostro Paese e degli eventuali impatti ambientali dell’apertura di nuove miniere. Ed è proprio da qui che parte l’idea della Fondazione Rara Ets, i cui fondatori sono stati invitati lo scorso 11 luglio alla Commissione Esteri per un’audizione informale. Si tratta di Stefano Bonetti, docente di Fisica della Materia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Guido Caldarelli, docente di Fisica Teorica, Michele Bugliesi, docente di Informatica, Alberto Baban, presidente della società di investimenti VeNetWork. La loro proposta parte da una considerazione molto semplice: «Non c’è un modo pulito di estrarre terre rare, che significa che i processi per evitare di inquinare richiedono costosi processi di bonifica», hanno spiegato durante l’audizione. La loro proposta è di avventurarsi su una strada che finora nessuno ha ancora deciso di esplorare: «provare tante combinazioni di materiali, testarli e trovare quelli simili» alle terre rare.
L’algoritmo per i «materiali sostenibili»
Alla commissione esteri i docenti dell’ateneo veneto hanno spiegato che il numero di combinazioni di materiali possibili è quasi infinito. Per questo la Fondazione Rara ha sviluppato un algoritmo «in grado di ottimizzare la ricerca di questi materiali, in maniera molto più efficiente di quanto fatto fino ad ora, creando una mappa dei materiali». L’algoritmo è stato testato su un database di 45mila materiali e, hanno fatto sapere i fondatori della no-profit, sta per essere brevettato. L’obiettivo è creare database sempre più precisi, fino a riuscire a individuare materiali compositi in grado di sostituire le terre rare. Al momento si tratta di un’idea ancora allo stato embrionale. Per accelerare l’iter – e provare a raggiungere qualche risultato in tempo utile – la Fondazione Rara lancia un appello chiaro al governo: negoziare con i vertici di Bruxelles affinché «la Commissione Europea riservi dei fondi mirati alla sostituzione dei materiali critici con materiali sostenibili».
Credits foto: Wikimedia Commons | Una miniera di terre rare a Mountain Pass, in California
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