Due dipendenti accusano Daniela Santanchè: «Cig a zero ore e lavoro durante la solidarietà, ecco cosa è successo»
Due dipendenti di Visibilia accusano Daniela Santanchè. E raccontano che anche in altre realtà aziendali c’erano «furbate» sugli aiuti di Stato. Mentre la ministra del turismo attende il 26 luglio, giorno del voto sulla sfiducia individuale. E le nubi si addensano anche su Ki Group. Dove non sono stati pagati i contributi, sempre secondo i lavoratori. A parlare oggi con La Stampa è Federica Bottiglione, 53 anni, ex dipendente della Visibilia editore Spa con il compito di tenere i rapporti con la Borsa e la Consob. Bottiglione è la dipendente che ha fatto causa davanti al tribunale del lavoro di Roma e ha parlato con Report. Nel colloquio con Grazia Longo dice di sentirsi amareggiata e tradita. Sergio Lorizio, giornalista di Ciak invece dice che nulla della Santanchè lo stupisce più.
I due lavoratori
«Mai avrei pensato di venire raggirata come invece è accaduto. Io all’inizio neppure guardavo il cedolino dello stipendio e quindi non sapevo di essere truffata», esordisce Bottiglione. La quale poi sostiene che la busta paga le venisse consegnata soltanto ogni sei mesi: «Anche per questo non mi sono accorta che le cose non funzionavano. Quando ho cominciato a nutrire qualche dubbio ho inviato delle email per avere spiegazioni, che però non mi sono mai state fornite. Anche perché ad un certo punto da Visibilia mi hanno detto che dovevo restituire loro circa 7 mila euro per anticipo cassa integrazione. Mi sono insospettita oltre misura». Così ha scoperto di essere finita in Cig a zero ore senza saperlo: «E lo stipendio era in realtà spesso una nota spese giustificata come rimborso chilometrico. Tra l’altro in pieno lockdown per la pandemia da Covid. Tant’è vero che l’ho contestato. “Ma come avete fatto a darmi rimborso chilometrico se con il lockdown eravamo tutti bloccati a casa?” ho chiesto. Ma non mi hanno risposto. Lo stesso si era verificato quando avevo detto loro “Ma questi pagamenti non vanno bene, non ho ricevute” e da Visibilia mi hanno risposto: “Sono come per gli altri, facciamo rimborsi spese chilometrici”. Cose da non crederci insomma».
Mille euro al mese
Bottiglione guadagnava mille euro al mese. E ha anche svolto attività di consulente per l’allora senatore Ignazio La Russa. «Sì e mi era capitato anche di lavorare per l’allora senatrice Santanchè. Per questo la delusione è stata ancora più grande: non avrei potuto prevedere che la senatrice, rappresentante importante delle istituzioni, potesse trattarmi come ha fatto». Lorizio, caposervizio della rivista di cinema, è ancora più diretto: «So bene come Santanchè gestiva queste cose, le trattenute in busta non versate per anni che diventano poi piani di rateizzazione di debiti contributivi che non rispetta mai». Fino ai contratti di solidarietà che la ministra sottoscriveva «ma poi faceva lavorare lo stesso i dipendenti, segnando i giorni lavorati come “recupero ferie” su un foglio presenze interno e non ufficiale».
Il lavoro durante i giorni di solidarietà
Lorizio sostiene invece in un’intervista al Fatto Quotidiano che i giornalisti di Ciak fossero costretti a lavorare anche durante i giorni di solidarietà. Ovvero quando l’Inpgi paga per non farlo. Le proteste sono sempre state ignorate, spiega nel colloquio con Nicola Borzi e Thomas Mackinson. «Il 21 gennaio 2019 avevo inviato una mail in cui espressamente contestavo quella modalità, evidenziando che in busta paga avrebbero dovuto segnare i giorni effetti di lavoro e quelli di solidarietà. Ma la lettera era rimasta senza riscontro». In busta paga èpo giornate figuravano effettivamente come ore di solidarietà a carico di Inpgi e Stato.
Il recupero ferie
In azienda venivano invece contabilizzate separatamente come “recuperi ferie”. «Non certo per errore. Fino a maggio 2019 dall’ufficio del personale via mail ricevevamo perfino una comunicazione riepilogativa mensile col conteggio esatto delle giornate lavorate a titolo di ‘Recupero solidarietà arretrata’. Poi si sono accorti della delicatezza della cosa e hanno evitato comunicazioni scritte». La fine della storia: «Abbiamo promosso una seconda causa sollevando anche la questione delle modalità non corrette e conformi alla legge sulla solidarietà. Visibilia ha conciliato subito con un accordo tombale su future nostre pretese, riconoscendoci un indennizzo conforme alle nostre richieste», conclude Lorizio.