Dagli abiti bianchi no gender agli anelli per tutti: il matrimonio di Michela Murgia con la sua famiglia queer
Una settimana dopo quel «matrimonio controvoglia» con Lorenzo Terenzi, Michela Murgia ha celebrato la vera unione che desiderava: il legame e la storia d’amore con la sua famiglia queer. Il matrimonio monogamo davanti alla legge le stava troppo stretto, ma ha dovuto farlo per assicurarsi i diritti familiari, diventati una necessità con la scoperta del tumore. Un evento che, però, non le ha impedito di svolgere comunque il matrimonio in cui crede davvero. Dove? Nel giardino ameno della sua nuova casa romana che ha allestito per le nozze. Tutti e tutte rigorosamente vestiti di bianco con abiti della stilista di Dior Maria Grazia Chiuri e anelli chevalier di resina. Tra i presenti anche Chiara Valerio, Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Teresa Ciabatti, Chiara Tagliaferri e Paolo Repetti. L’abito di Murgia porta il titolo di un suo libro, «God save the queer», ricamato con perline rosse sull’abito.
Dietro la scelta degli abiti
«Quando Maria Grazia Chiuri mi ha detto “voglio disegnarti l’abito da sposa” ho provato imbarazzo: non mi considero una sposa. Il fatto che tutti continuino a romanticizzare la questione e farci le congratulazioni non cambia la realtà», racconta l’autrice di Tre ciotole. Ma pochi giorni dopo si è vista ricevere alcuni bozzetti di un’intera mini-collezione familiare che – a suo avviso – interpretavano «alla perfezione» lo spirito della famiglia queer. «Completamente bianca per tutti, de-sacralizza il colore nuziale, che cambia significato: il bianco è inclusivo, sintesi additiva di tutti i colori dello spettro. Nella collezione di cui ci ha fatto dono, realizzata ad hoc, ci sono solo pezzi intercambiabili, no gender, tra i quali ciascuno ha scelto la combinazione che meglio esprimeva la sua identità», prosegue Murgia. «Poi gli anelli: non due fedi – precisa -, anche queste simboli di appartenenza, ma anelli chevalier in resina con rane, esseri che mutano forma e ambiente più volte nella vita e che possono essere considerati l’emblema del cambiamento stesso. E che tutta la famiglia indossa». Una celebrazione che incontra i desideri e l’identità dell’autrice e della sua famiglia, diventata oggi anche un manifesto politico.
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