Autolesionismo, perché i giovani si tagliano: «Il corpo degli adolescenti è diventato un palcoscenico»
«Quando i bambini iniziano ad avere una consapevolezza si bloccano. Sono vittime di un senso di inadeguatezza fisica, non si sentono mai abbastanza». Magda Di Renzo è la responsabile del servizio di Psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Istituto di Orfanologia di Roma. Un servizio che attualmente ha una convenzione con circa 400 bambini e che costituisce un osservatorio privilegiato sulle problematiche degli adolescenti. A partire da un fenomeno: l’autolesionismo. «C’è stato un progressivo scendere del disagio e del dolore dentro il corpo», racconta Di Renzo in una lunga intervista a La Stampa. «Una decina di anni fa, ben prima del Covid, avevamo fatto un’inchiesta intervistando migliaia di ragazzi. Avevamo individuato un nuovo tentativo di costruire un’identità nelle dimensioni estreme, gli sport estremi, il jumping, il parkour, la forza del corpo. Come se gli adolescenti cercassero un limite, un confine, che il mondo adulto non è più grado di dare».
Il problema dei genitori-amici
Secondo la responsabile del servizio di Psicoterapia per minori di Roma, è anche il diverso atteggiamento dei genitori a dare vita a problemi di salute mentale e disturbi alimentari nei più giovani: «I padri o non ci sono o comunque sono assenti alla normatività. Incapaci di mettere confini, di dire basta». In altre parole, spiega la psicoterapeuta, «abbiamo privato questi ragazzi della possibilità di avere delle cose da combattere, di avere delle idee da contestare, di avere degli adulti con cui scontrarsi. I genitori sono diventati amici e questo è un danno incommensurabile».
Il fenomeno dell’autolesionismo
In assenza di limiti imposti dai genitori, alcuni ragazzi optano per l’autolesionismo e il cutting (la pratica di infliggersi ferite sulle braccia o sulle gambe). Secondo Di Renzo, «il corpo degli adolescenti è diventato il palcoscenico delle ombre collettive». Attenzione, però. Fenomeni di questo genere non sono necessariamente da paragonare a una condotta suicidale. Piuttosto, spiega l’esperta, rappresentano «un tentativo estremo di trovare vita nel disagio». Lo stesso discorso vale per un altro fenomeno in crescita tra i più giovani: ossia il ritiro sociale dei cosiddetti hikikomori. In questo caso, precisa Di Renzo, il problema è strutturale: «Abbiamo permesso alla società di spostarsi verso l’efficientismo e la prestazione. Non è un caso che questo fenomeno nasce in una società competitiva come quella giapponese».
Sessualità senza eros
Infine, il capitolo sessualità. Secondo la responsabile del servizio romano di Psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza, è evidente che la sessualità dei ragazzi è «del tutto separata dall’affettività». In altre parole, si rinuncia all’eros. «Vivere un rapporto sessuale come una pratica da espletare, come una prestazione senza tenuta emotiva, è pericoloso», avverte l’esperta. Un aiuto può arrivare dallo sport. Secondo gli studi condotti dall’Istituto della capitale, «i ragazzi che fanno attività sportiva stanno molto meglio». Questo avviene perché «lo sport crea un rapporto con la corporeità che oggi sta mancando».
Credits foto: UNSPLASH/Annie Spratt
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