Allarme sanità: 2,5 milioni di italiani rinunciano alle cure per colpa delle liste d’attesa. Oltre 4 su 10 si rifugiano (a pagamento) nel privato
Sono 2,5 milioni gli italiani che non si curano a causa delle liste d’attesa troppo lunghe nel sistema sanitario. Lo riporta oggi il Sole 24 Ore sulla base di un rapporto dell’Istat, che mette in luce come all’interno di questa cifra ci siano le persone che ne avrebbero più bisogno, cioè chi soffre di due o più patologie croniche: 1,7 milioni. La rinuncia per l’eccessiva attesa, spiega il quotidiano economico, sale in ogni parte d’Italia, Nord incluso, e a prescindere dalla fascia di reddito. L’unico modo per forzare i tempi e ottenere una prestazione sanitaria in tempi utili è mettere mano al portafogli, per chi può permetterselo. Secondo l’Istituto di statistica è aumentata, infatti, la percentuale delle persone che decidono di pagare interamente per le visite. Nel 2022, il 42% della popolazione paga di tasca propria mentre nel 2019 era il 37%. Ma anche per gli accertamenti diagnostici la propensione ad aggirare le liste a costo di spendere sale (dal 23% del 2019, al 27,6% nel 2021). In questo senso, la spesa (sanitaria) di “tasca propria” ha raggiunto i 40 miliardi l’anno. 1 euro su 4 spesi per la sanità nel nostro Paese li aggiunge il cittadino dopo aver pagato, però, le tasse per sostenere il Servizio sanitario.
Le Regioni dove la situazione è più critica
Anche i dati raccolti dall’associazione Cittadinanzattiva per il Sole 24 Ore confermano lo stesso (allarmante) quadro sulle liste d’attesa e la conseguente rinuncia a curarsi. L’associazione ha preso in considerazione 4 regioni – Lazio, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia – e sei prestazioni: visita cardiologica, ginecologica, pneumologica, oncologica, ecografia addominale e mammografia. Dai dati è emerso come la Puglia sia la Regione «maglia nera»: nell’Asl di Lecce, ad esempio, si registrano picchi dello 0% di rispetto dei tempi di attesa sia per una visita pneumologica con priorità D (entro 30-60 giorni), che oncologica. In Liguria, nell’Asl Ligure 1 (Imperia) per un visita cardiologica con la stessa priorità si registrano tempi di attesa pari a 159 giorni; per un’ecografia addominale con priorità D, nell’Asl di Genova, i cittadini devono aspettare fino a 270 giorni (9 volte superiori quelli previsti per legge). Migliore, di poco, la situazione in Emilia-Romagna e Lazio. Ciò che serve per la Segretaria generale di Cittadinanzattiva, Anna Lisa Mandorino citata dal Sole, «è un investimento sulle risorse umane e tecniche e un conseguente ampliamento degli orari di apertura al pubblico degli ambulatori. E non da ultimo bloccando, a livello regionale, le prestazioni in intramoenia laddove queste superino come numero quelle erogate nel canale pubblico, come previsto dallo stesso Piano nazionale di governo delle liste di attesa», conclude.