Cosa c’è nell’indagine su Renato Brunetta: «Ha falsificato un atto per pagare le tasse»
L’ex ministro e oggi presidente del Cnel Renato Brunetta è sotto inchiesta a Roma per falso e finanziamento illecito. La procura deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio. Il tribunale dei ministri di Roma ha bocciato l’accusa di corruzione. Secondo l’accusa avrebbe gonfiato il prezzo della cessione di una sua società alla moglie del suo vice capo di gabinetto Paolo Narciso. Lei, rivela oggi La Verità, si chiama Emilia Cantera. E l’azienda è la Rem research & consulting srl. La vendita risale al 15 luglio 2021, quando Brunetta era ministro della Funzione Pubblica del governo Draghi. La partecipazione (il 50%) aveva un valore nominale di 5 mila euro ed è stata venduta a 60 mila. L’indagine riguarda Brunetta, Narciso e Cantera.
Gli indagati
Paolo Narciso è un ex ufficiale dei carabinieri. Con loro ci sono il notaio Claudio Togna e il commercialista Claudio Zampaglione. L’azienda ha come oggetto sociale la progettazione, la fabbricazione e la vendita di apparecchiature medicali e di dispositivi di protezione individuali. In epoca Covid l’impresa è stata praticamente inattiva. Zero euro di ricavi nel 2020 e 3.500 nel 2019. Perdite per 11.500 e 8.300 euro. L’acquisto delle quote risale al 2013. All’epoca l’ex ministro aveva acquistato il 20% della Rem e il 30% della Holding smart device srl. Che attualmente ha come socio unico la Finnat fiduciaria e come amministratrice l’80enne L.D., mamma di Narciso. Sotto la lente degli inquirenti c’è quello che è successo nel 2021. La Rem dichiara un fatturato di 61 mila euro e un utile di 1.300.
La compravendita
Brunetta e Cantera si presentano davanti al notaio. Nell’atto si legge che la cessione «viene fatta e accettata per il prezzo dalle parti dichiarato di 5.000 euro separatamente regolato tra la parte acquirente e la parte venditrice che rilascia del pagamento ampia, finale e liberatoria quietanza di saldo». L’altro socio, la Hds, «ha precedentemente rinunciato al diritto di prelazione e non esistono altri soggetti che possano esercitare eventuali diritti». Ma a Brunetta, secondo le intercettazioni, in realtà spettano 60 mila euro per pagare l’Irpef all’Erario. Arrivano infatti sei pagamenti con causale «pagamento quota». Per un totale di 26.390 euro. Con cadenza mensile, ad eccezione di gennaio. Corrispondono quasi esattamente agli F24 saldati da Brunetta.
La modifica
Il 5 ottobre 2021 arriva la modifica dell’atto. Secondo l’accusa «il notaio Togna – di concerto con tutti i soggetti citati e su ideazione del commercialista Zampaglione e di Narciso – al solo scopo di creare provvista per il pagamento del debito tributario di Brunetta redigeva un ulteriore atto di cessione delle quote». L’atto era «a favore della Hsd per il prezzo di 60 mila euro. Attestando falsamente […] che la prima cessione», di circa tre mesi prima, «doveva considerarsi disposta» per quel prezzo e che i 5 mila euro già pagati «dovevano intendersi come pagamento della prima rata di un importo dilazionato in ulteriori dieci rate bimestrali (a decorrere dal 31 luglio 2021, ndr), cosicché Brunetta poteva incassare sul proprio conto corrente i bonifici bancari, con i cui importi concorreva al pagamento dei propri debiti tributari».
Secondo la prospettiva d’indagine i cinque si sarebbero mossi per creare un beneficio nei confronti di Brunetta. Il tutto «con l’aggravante di falsità commessa in atto o parte di atto». «È stata una vendita regolare», ha detto ieri Brunetta a Repubblica. «Conclusa con chi aveva il diritto di comprare, la compagna del vice capo di gabinetto vantava un diritto di prelazione. La vendita è stata conclusa a un prezzo congruo, i reati di corruzione e illecito finanziamento sono stati archiviati dal Tribunale dei ministri che ha sottolineato come l’intera vicenda sia, in realtà, un semplice rapporto tra privati». Ma la procura continua ad indagare. Ho presentato un’ampia memoria attraverso la quale confido di aver chiarito tutto, non credo sia un reato per un ministro vendere delle quote societarie anche perché con quei soldi non ho finanziato attività politiche o elettorali».