Il regista Giordana e il film d’inchiesta sulla mafia con Andrea Purgatori: «Ci sentivamo pedinati»
Il regista Marco Tullio Giordana oggi racconta su Repubblica di un progetto a cui stava lavorando con Andrea Purgatori. E sostiene che durante la lavorazione si sono verificati alcune «stranezze». In particolare, i due si sono sentiti per molto tempo sottoposti a una «impalpabile sorveglianza». E racconta «l’aggirarsi di figure strane» anche «in qualche ristorante deciso all’ultimo». Giordana dice che con Purgatori stava progettando da tre anni un prodotto che doveva essere «un viaggio dalle origini secolari della mafia fino ai giorni nostri». Un progetto da svilupparsi «con una lunga serialità». Che ha «messo in allarme» reti e piattaforme interpellati. Tanto da fargli preferire di «rivolgersi alle sedi centrali». Che invece si mostrarono subito interessate.
La zona grigia
La serie inizialmente doveva chiamarsi La zona grigia. E dall’ipotesi di un «lungo film» i due hanno lavorato poi a «una miscela di finzione e indagine giornalistica». Per la quale Purgatori «era adattissimo grazie alla formidabile presenza scenica (faccia alla Dick Tracy, voce profonda e autorevole come quella di Sergio Zavoli)». Il regista racconta di sopralluoghi in Sicilia e della raccolta di testimonianze di magistrati, giornalisti, investigatori. E dell’uscita di Vatican Girl per Netflix sul caso Orlandi: «Purgatori era voce narrante e carismatica presenza investigativa». Questo li aveva convinti di essere sulla strada giusta per la realizzazione del progetto. Ma poi accade qualcosa. «Cominciarono subito alcune stranezze. Intanto la sensazione di essere intercettati, addirittura seguiti. Si trattasse di me ci sarebbe da ridere, ma trattandosi di Purgatori e delle sue inchieste sempre fastidiose e rivelatrici (Da Ustica a Pecorelli, da Pasolini a Moro, da Giovanni Paolo I a Emanuela Orlandi, per non dire che di queste) l’ipotesi non era peregrina».
I pedinamenti
E ancora: «Anche vedendosi privatamente da me o nella sua nuova abitazione piena di piante e quadri o in qualche ristorante deciso all’ultimo (e dove, cittadino del mondo, Andrea Purgatori si divertiva ad apostrofare in hindi, singalese o swahili i vari gestori), avvertivamo spesso una impalpabile sorveglianza, l’aggirarsi di figure strane». Giordana dice che nonostante ciò non hanno preso precauzioni. E anzi hanno riso insieme della vicenda. E conclude: «Le sue inchieste, nella miglior tradizione del giornalismo di strada anziché di scrivania, erano immensamente disturbanti per i manovratori. Che parlassero di trattativa, di politici collusi, di delitti e mattanze eccellenti, prelati ambigui, giudici “avvicinati” e corrotti, le sue trasmissioni avevano sempre fatto centro e creato quel sentimento di appartenenza civile oggi sommamente detestato da chi non vuole né controllo né opposizione. Che a nessuno venga in mente di citare Anna Politkovskaja, o Alexander Litvinenko o Jamal Ahmad Khashoggi. Casomai a qualche stupido complottista, giusto per poterlo dileggiare».
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