La storia di Mattia, il primo Italiano con chip sottopelle: «Li uso per pagare e aprire le serrande, ma un giorno cureranno l’Alzheimer»
Potrebbe sembrare fantascienza ma i chip sottocutanei esistono già, e c’è chi ha già deciso di farsene installare non uno, non due, ma ben cinque. È il caso di Mattia Coffetti, 35 anni, specializzato in sicurezza informatica di Rodengo Saiano, in provincia di Brescia, che ha dotato il proprio corpo di funzioni che nel 2023 rimangono appannaggio quasi esclusivo di smartphone e altri dispositivi elettronici. Il 35enne ha iniziato nel 2019, facendosi installare un chip Nfc-rfid. Il primo in Italia a fare una cosa del genere. Il dispositivo funziona sfruttando un protocollo molto diffuso (lo stesso che consente di pagare ai Pos tramite smartphone, ad esempio) e consente al 35enne di aprire porte e serrande automatizzate, ma anche di registrare i propri «dati medici, la carta d’identità, il badge di lavoro e il profilo LinkedIn», pronti per essere condivisi, ha spiegato il giovane all’edizione bresciana del Corriere della Sera. Coffetti ha poi un chip per l’autenticazione dei dati bancari, mentre due sono quasi un sfizio personale. «Il terzo microchip è un magnete che attrae i metalli e permette, per esempio, di catturare le viti in modo da non perderle mentre si fa qualche lavoro; il quarto microchip è un led e se lo avvicini a una sorgente elettrica si illumina».
Il costo dei chip sottocutanei e le prospettive future
L’ultimo, poi, funge sostanzialmente da conto prepagato: «Lo uso per pagare e lo attivo tramite un applicazione dello smartphone. E’ semplice da utilizzare, visto che lo ricarichi come semplice postepay e fai i tuoi pagamenti», ha aggiunto. I costi di acquisto e installazione di questi dispositivi avveniristici, racconta, non sono proibitivi: «Dagli 80 ai 100 euro, invece quello per scambiare dati e aprire porte intorno ai 150 euro e l’ultimo che ho installato, ovvero per effettuare i pagamenti, l’ho pagato 200 euro». «Li compro su internet – ha aggiunto il giovane informatico – e poi ci sono dei centri autorizzati che collaborano con le aziende che li vendono e te li impiantano. Tipo un piercing». Quelli di Coffetti è un primo passo che anticipa quello che Elon Musk cerca di fare con la sua Neuralink, startup che punta a installare chip nel cervello umano per curare condizioni come la cecità e le paralisi. Coffetti, guarda già al futuro: «Mi auguro – conclude Mattia – che queste integrazioni uomo-tecnologia possano essere ancora più al servizio della collettività e della salute. Mi piacerebbe che riuscendo a mappare il nostro cervello, riuscissimo ad andare a risolvere malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, con strumenti e modalità d’azione ad ampio raggio».