Crosetto: «Aderire alla Via della Seta fu un atto scellerato, troppo dilettantismo da chi ci ha preceduto»
Sciogliere l’accordo sulla Via della Seta tra Italia e Cina? È possibile, ma «senza fare danni». A dirlo è il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che in un’intervista al Corriere della Sera spiega: «La scelta di aderire alla Via della Seta fu un atto improvvisato e scellerato, fatto dal governo di Giuseppe Conte (durante il governo gialloverde, con M5s e Lega, ndr), che ha portato a un doppio risultato negativo. Noi abbiamo esportato un carico di arance in Cina, loro hanno triplicato in tre anni le esportazioni in Italia. La cosa più ridicola di allora fu che Parigi, senza firmare alcun trattato, in quei giorni vendette aerei a Pechino per decine di miliardi». Il ministro sottolinea che il tema a oggi è quello di «tornare sui nostri passi senza danneggiare i rapporti» con Pechino, perché se da un lato «è vero che la Cina è un competitor», al contempo «è anche un partner». Secondo il ministro della Difesa, la Cina «ha atteggiamenti sempre più assertivi: un tempo si proponeva di diventare il maggior attore commerciale del mondo mentre oggi annuncia che sarà il più grande attore militare del mondo: si stanno espandendo». E il ministro prosegue: «In Africa hanno avviato un’espansione anche di tipo culturale: i fumetti descrivono i cinesi come liberatori e gli occidentali come sfruttatori da scacciare. Non nascondono i loro obiettivi, li esplicitano». Ed è per queste ragioni che secondo il ministro Crosetto è necessario che l’Italia ne venga fuori «senza produrre disastri: uno dei problemi di questo governo è risolvere in silenzio problemi surreali prodotti da altri governi: dalla Cina al Superbonus, è stato il festival del dilettantismo. Senza dimenticare il Pnrr». Errori che il ministro definisce «gravi», sottolineando che il primo ad accorgersene è stato l’ex premier Mario Draghi. E il ministro prosegue: «Meloni e Raffaele Fitto stanno cercando di correggerli, pur nei limiti ristrettissimi imposti dalle regole europee».
«Il Pnrr? La volontà politica di raggiungere gli obiettivi c’è, ma il Parlamento dovrebbe lavorare con gli stessi ritmi del governo»
Crosetto spiega che i pregiudizi da parte di Bruxelles, così come degli Usa, nei confronti dell’esecutivo dell’era post-Draghi «erano evidenti, ma sono caduti». Il ministro della Difesa prosegue: «Sul Pnrr i problemi non sono del tutto risolti». Ci sono poi le richieste di garanzia da parte dell’Ue, in particolare in materia di politiche fiscali e ambientali. Su questi due temi Crosetto replica: «Sul fisco il progetto del vice ministro Maurizio Leo ha un approccio pragmatico, non è fatto di condoni e non è ideologico. La parola d’ordine è: rompiamo di meno ai contribuenti e incassiamo di più. Sull’ambiente i nostri obiettivi non sono in contrasto con quelli che si pongono gli ambientalisti, ma sui metodi per realizzarli non siamo d’accordo: a forza di stressare il comparto auto, lo abbiamo regalato alla Cina». Quanto al rispetto del cronoprogramma del Pnrr e del raggiungimento degli obiettivi, per cui sono necessarie diverse riforme, il ministro Crosetto assicura e conclude spronando il Parlamento: «La volontà politica c’è, i numeri in Parlamento ci sono. E dunque non credo ci sarebbero grandi problemi a raggiungere quei target, se le Camere si impegnassero con gli stessi ritmi del governo». E il ministro della Difesa conclude: «I lavori parlamentari hanno tempistiche antiquate, molto lente. Questa cattiva abitudine che il martedì si inizia a lavorare e il giovedì si finisce, la trovo irritante. Va aumentata la produttività. Lo dico con il rispetto verso i tanti parlamentari che lavorano e producono leggi. Ma il problema esiste».
Leggi anche:
- Il ministro Crosetto ferma Marine Le Pen (e Salvini): «Noi diversi, potremmo entrare nella maggioranza Ursula»
- Pnrr, via libera dell’Ue alla terza rata. Ma i sindaci sono in rivolta contro il governo: «Tagliati progetti di cui erano già partiti i cantieri»
- Il governo riscrive il Pnrr: dal rischio idrogeologico alle ferrovie saltano interventi per 16 miliardi. Fitto: «Nessun taglio, saranno tutti rifinanziati»