Svezia, il manifestante Momika rinuncia ai roghi del Corano. Il premier Kristersson: «Situazione grave»
Il rifugiato iracheno Salwan Momika ha ritirato la richiesta di indire nuove manifestazioni in cui avrebbe bruciato il Corano, come aveva già fatto lo scorso 28 giugno di fronte alla principale moschea di Stoccolma dopo aver infarcito il libro sacro all’Islam con una fetta di bacon. Il 20 luglio, poi, sembrava che il rogo si dovesse ripetere, ma il 37enne si è limitato a calpestare il tomo. In entrambe le occasioni il gesto ha suscitato forti proteste dalla comunità islamica, con centinaia di persone che hanno preso d’assalto l’ambasciata svedese a Baghdad e roghi della bandiera svedese in Pakistan, tanto da spingere il Paese scandinavo a condannare moralmente il gesto di Momika, consentito in virtù della libertà di espressione costituzionalmente garantita dal Paese. Infine, una nuova manifestazione si è tenuta ieri, con il rogo del testo sacro avvenuto di fronte al parlamento svedese. Al momento non è chiaro perché il manifestante abbia deciso di ritirare le richieste degli atti dimostrativi che sono stati emulati anche in Danimarca, lo scorso luglio, da altri due manifestanti.
La preoccupazione della Svezia
Momika, che ha sempre agito assieme a un altro manifestante, Salwan Najem, protesta affinché il Corano venga bandito dalla Svezia. L’iracheno è di religione cristiana, e ha lasciato il suo Paese nel 2018 accusato di tradimento per essere stato a capo di una milizia affiliata all’Iran. I tre nuovi roghi sarebbero dovuti avvenire ancora a Stoccolma, uno di fronte all’ambasciata iraniana, e altri due di fronte a due moschee. La Svezia però è sempre meno incline a questo tipo di protesta, per via delle conseguenze che le manifestazioni stanno generando sul piano internazionale. In una conferenza stampa, oggi, il primo ministro svedese Ulf Kristersson, ha definito la situazione «estremante grave» spiegando di essere in costante contatto con i servizi segreti e di aver instaurato un dialogo tra le istituzioni svedesi e i leader religiosi dentro e fuori il Paese per chiarire che «le opinioni dei manifestanti non corrispondono a quelle dello Stato svedese». In maniera simile, anche la Danimarca ha avviato un processo per stabilire se – pur mantenendo ampia la libertà di parola – la costituzione consenta di vietare il rogo dei testi sacri.
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