Claudio Gentile contro la “mafia dei procuratori”: «Mi offrivano soldi per convocare i loro giocatori»
Claudio Gentile è uno degli eroi di Spagna 1982. Terzino destro e marcatore della Nazionale di Enzo Bearzot campione del mondo, la sua prestazione migliore fu quella contro l’Argentina nel “gironcino”, quando non fece toccare palla (con le buone e con le cattive) a Diego Armando Maradona. L’ex giocatore di Juventus e Fiorentina è diventato allenatore. Nel 2004 è stato il commissario tecnico della Nazionale italiana under 21 che ha vinto l’Europeo e la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene. Ma da quel periodo non ha allenato più. Nemmeno la nazionale maggiore, che a suo dire gli era stata promessa. Per questo oggi in un’intervista a Repubblica si sfoga. E dice che ha farlo fuori è stata “la mafia dei procuratori” del calcio. Che lui voleva denunciare.
I soldi per giocare
«Avevo minacciato di denunciare alcuni procuratori che volevano offrirmi denaro, molto denaro, per convocare in Nazionale i loro giocatori. Li cacciai tutti! Io stesso non ho mai avuto un agente. Guarda caso, da quel momento qualcuno me l’ha giurata», dice nel colloquio con Maurizio Crosetti. E ancora: «La risposta avrebbe dovuto darla Guido Rossi, che era commissario straordinario della Figc e decise di farmi fuori: ma purtroppo è morto. Potrebbe chiarire qualcosa Demetrio Albertini, al quale spiegai che avevo ricevuto l’offerta di un club importante (la Juventus, ndr) e che mi invitò a rifiutare. “Abbiamo progetti importanti per te”, mi disse Albertini. Come no! Il progetto di distruggermi la carriera. Da chi prendevano ordini quei dirigenti? Sono stato ingenuo a non firmare un altro contratto e a non abbandonare la Figc. L’ho fatto per troppa correttezza».
La storia
Gentile sostiene che all’epoca la federazione gli aveva promesso che sarebbe diventato l’allenatore degli Azzurri. Per questo rifiutò di allenare la Juventus. Ma poi qualcuno si rimangiò la parola. E da quel momento lui è restato senza lavoro. E oggi dice: «Quando a casa passo davanti a quel cerchietto di bronzo, mi girano soltanto le scatole. Ci sto ancora male da morire, forse più di prima. Sono vittima di una cattiveria gigantesca. Cosa ho fatto di male nella vita? Voi che siete giornalisti, aiutatemi a trovare una risposta. Forse ho vinto troppo? A chi ho dato fastidio?». Poi aggiunge minaccioso: «Io non so chi mi abbia fatto saltare in aria. Rubavo? Ero corrotto? Ero antipatico? Me lo dicano. Almeno, dopo quasi vent’anni ne saprò finalmente qualcosa in più. Ma poi si preparino alle denunce dei miei avvocati».
Il Mundial
Gentile rievoca il Mondiale ’82. Partendo dalla sua fama di difensore cattivo: «Eppure nella mia carriera non sono mai stato espulso per gioco scorretto. Mai una volta in 520 partite. Ho preso un cartellino rosso in Coppa dei Campioni per un fallo di mano volontario. Anche questa è una cosa che mi ferisce». Sulla maglia strappata a Zico durante la partita con il Brasile che valse all’Italia la semifinale è categorico: «Era di carta velina, un tessuto delicatissimo! Appena la toccavi si rompeva. E poi in quell’azione Zico era in fuorigioco. Dunque, non esiste al mondo che fosse rigore. E lui lo sa». Poi rivela che nella partita con l’Argentina inizialmente lui doveva marcare Mario Kempes. Ovvero l’attaccante eroe del mondiale del 1978, che aveva fatto una doppietta in finale con l’Olanda. «Diego doveva toccare a Tardelli. Poi Bearzot cambiò idea alla vigilia: «La sera prima della partita, venne in camera e mi fece un sacco di complimenti, io ascoltavo in silenzio e non capivo dove volesse andare a parare. Poi, di colpo mi chiese: “Claudio, te la senti di marcare Maradona?”. E io, d’istinto: “Mister, e dov’è il problema?”. Quando Bearzot uscì dalla stanza, pensai: “Claudio, sei proprio un deficiente”».
La marcatura
Gentile poi spiega la marcatura nel calcio: «È un duello western, però serve anche tanta testa. Sapevo che quel fenomeno, il più grande calciatore di tutti i tempi, lo avrei potuto fermare soltanto con l’anticipo. Non con le botte: con l’anticipo. Decisi che mi sarei messo sempre tra lui e il pallone: i compagni di Diego non dovevano riuscire a vederlo, io lo dovevo impallare e andò proprio così. Maradona non l’ho picchiato, l’ho isolato. Gli ho creato il vuoto intorno». Oggi invece va a vedere le partite dei ragazzini. «Sarei rimasto volentieri all’Under 21 anche se la Nazionale A mi faceva gola. E invece mi hanno tolto di mezzo senza un perché».