La storia di Martina, emigrata da Milano in Australia: «Nostalgia dell’Italia? No, qui guadagno 100 mila dollari l’anno»
Dopo un flipper che l’ha portata a vivere, giovanissima, in tre diversi continenti, Martina Gritti ha scelto la sua terra di elezione: l’Australia. La donna ha 27 anni, è stata «assunta appena due giorni dopo la laurea» e fa un «lavoro da 100 mila dollari all’anno». Nel racconto della sua vita, rilasciato al Corriere, Gritti ripercorre la parabola che l’hanno portata a lasciare l’Italia. E a non voler tornare più indietro. «Vedo troppa gente che viene qui a lavorare senza organizzazione, senza visto, magari soltanto per aggiungere un’esperienza sul curriculum o per fare colpo su Instagram o sugli amici al bar. Durano tre mesi, poi salutano la compagnia. L’Australia non è un gioco», è la premessa. Poi spiega perché è dovuta partire alla volta di Melbourne, a 19 anni.
«Alla mia età da noi è impossibile»
«Sono cresciuta in corso Sempione a Milano, ma ci siamo sempre spostati molto per via dei trasferimenti di mio padre, che lavora in una multinazionale. Fin da ragazzina sono stata abituata a viaggiare, abbiamo vissuto a Udine, a Parigi e Buenos Aires, poi siamo arrivati qui. Ora i miei vivono a Singapore, io e mio fratello minore siamo rimasti. L’unico che è tornato a Milano è l’altro fratello, il più grande». Nella città che, in diverse classifiche, viene inquadrata come la più vivibile al mondo, Gritti ha presto iniziato a sentirsi a casa. «Non ho nessuna nostalgia dell’Italia. Qui guadagno 100 mila dollari all’anno. Alla mia età in Italia una cosa del genere sarebbe quasi impossibile». In generale, lavorare in Australia «significa essere pagati, sempre e bene. Il salario minimo è di 21 euro all’ora, chiunque può permettersi una vita quantomeno decorosa. Nella mia azienda ogni sei mesi è possibile richiedere un aumento di stipendio: se il lavoro va bene e non combini disastri generalmente te lo danno».
Melbourne e Milano
La 27enne sottolinea come la cultura lavorativa che si è diffusa nel Paese dell’emisfero australe sia improntata «al benessere psicologico dei lavoratori, all’equilibrio tra vita professionale e privata. Nessuno ti chiede di lavorare più ore rispetto a quelle previste dal tuo turno, anzi, ti disincentivano a farlo: rimanere in ufficio più del dovuto per loro è indice di disorganizzazione. E poi c’è lo smart working». Quest’ultimo strumento, afferma, è molto diffuso: «Melbourne è stata la città con il lockdown più lungo al mondo. Diciotto mesi in casa, un incubo. A livello lavorativo non si è più tornati indietro». Dopo il liceo linguistico Leopardi, a Milano, Gritti si laurea a Melbourne in Relazioni pubbliche. «Sono stata assunta due giorni dopo la laurea». Oggi, è manager in una società di comunicazione: «Mi occupo di migliorare l’impatto del brand delle società clienti. Vivo qui da otto anni, ormai sono australiana a tutti gli effetti. Ho anche preso la cittadinanza, l’Australia è il posto in cui ho vissuto più a lungo». E conclude: «Se sei competente e hai le giuste credenziali il lavoro lo trovi facile. Io parlo un inglese ottimo e avendo il passaporto australiano non ho nessun problema a livello burocratico, ho già cambiato azienda più volte. Questo Paese offre grandi opportunità, a patto di non arrivare alla ventura. In molti sbagliano atteggiamento».
Foto in anteprima: Corriere.it
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