Caso De Angelis, interviene il governatore Rocca: «Ha parlato a titolo personale». Sulle dimissioni valuterà «dopo averlo incontrato»
Marcello De Angelis, responsabile della comunicazione Istituzionale della Regione Lazio, «ha parlato a titolo personale». Lo dichiara in una nota il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, dopo le polemiche scatenate dalle parole di De Angelis sulla strage di Bologna, in cui afferma «per certo» che gli ex Nar Fioravanti, Mambro e Ciavardini «non c’entrano nulla» con l’attentato del 2 agosto 1980 alla stazione centrale di Bologna. «Partiamo dal fatto – spiega nella nota – che le sentenze si rispettano e, vista la mia professione di avvocato, non posso che ribadire questo. La stagione delle stragi in Italia, di cui Bologna è stato l’episodio più straziante, è ancora una ferita aperta per il nostro Paese. La bomba del 2 agosto mirava a sovvertire l’ordine democratico e i valori costituzionali a noi tanto cari. Una pagina di storia dolorosa e segnata da presenze e ombre inquietanti. Il rispetto per le sentenze non esime dalla capacità e volontà di ricerca continua della verità, specialmente su una stagione torbida dove gli interessi di servizi segreti, apparati deviati e mafia si sono incontrati. Sono convinto che chi rappresenta le Istituzioni abbia il dovere di denunciare, in prima battuta, l’orrore per il gesto e rispettare il dolore per le vittime, esprimendo solidarietà ai familiari e condannando la violenza. Cosa che, come ogni anno anche in altre vesti, ho fatto sentitamente e non per circostanza». Per il governatore della regione Lazio De Angelis «ha parlato a titolo personale, mosso da una storia familiare che lo ha segnato profondamente e nella quale ha perso affetti importanti. Si è espresso sulla sua pagina Facebook da privato cittadino e non nella sua carica istituzionale che, per altro non è quella di portavoce come erroneamente riportato da numerosi giornali». «La mia portavoce – spiega il governatore – infatti, è Carla Cace. Il dott. De Angelis è responsabile della Comunicazione istituzionale della Regione: un ruolo tecnico per il quale è stato scelto vista la sua pluriennale esperienza professionale e che non ha nulla a che fare con l’indirizzo politico dell’Istituzione che mi onoro di rappresentare. Essendo il dialogo il faro del mio operato, valuterò con attenzione nei prossimi giorni il da farsi, solo dopo aver incontrato Marcello De Angelis».
Cosa ha detto De Angelis
De Angelis metteva in discussione le sentenze della magistratura italiana che individuano Fioravanti, Mambro e Ciavardini tra gli autori materiali dell’attentato, e ne certificano la matrice neofascista. Ma secondo il capo della comunicazione non sono colpevoli: «Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza», scriveva nei giorni del 43esimo anniversario della strage, in cui morirono 85 persone e ne rimasero ferite altre 200, «in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e “cariche istituzionali”, e se io dico la verità loro, ahimè, mentono». Le parole del giornalista, ex deputato ed ex senatore, sono state lette da molti come un attacco al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma non è da escludere che il riferimento fosse al presidente del Senato Ignazio La Russa, che il 2 agosto scorso, nel giorno della commemorazione, ha riconosciuto la matrice fascista dell’attentato. De Angelis ha poi ribadito, in un altro post, la sua posizione: «Come ogni libero cittadino di questa Nazione, ho esercitato il diritto di esprimere la mia opinione. Ho detto quello che penso senza timore delle conseguenze. Se dovrò pagare per questo e andare sul rogo come Giordano Bruno per aver violato il dogma, ne sono orgoglioso». E le conseguenze politiche arrivano domenica 6 agosto.
Le richieste di dimissioni per De Angelis
Il primo post di De Angelis è stato pubblicato il 3 agosto, poco prima della mezzanotte, ma fino alla sera del 5 agosto in pochi se ne erano accorti. Quando è scoppiato il caso, da più parti sono arrivate le richieste di dimissioni, mentre il presidente della Regione Lazio attendeva di intervenire sulla vicenda. Da «De Angelis parole ignobili», il commento di Elly Schlein, «è grave che Meloni il giorno della commemorazione non sia riuscita a dire che quella di Bologna sia stata una strage neofascista, sarebbe gravissimo se continuasse a permettere ai suoi sodali di stravolgere la verità processuale. Ponga fine, una volta per tutte, a questa scellerata aggressione alla storia. Chi fa fatica a riconoscere questi fatti non è adatto a ricoprire incarichi istituzionali di nessun tipo». Ancora più diretto Pier Luigi Bersani: «Chi non rispetta le vittime innocenti negando loro una verità conclamata non merita il rispetto degli italiani. La studiata ambiguità della dichiarazione per il 2 agosto del presidente del Consiglio conteneva un messaggio che solo le anime belle non hanno voluto vedere: lasciare aperto il vaso di Pandora delle falsità nere mentre finalmente la verità giudiziaria si afferma». Il segretario di Azione Carlo Calenda usa le parole del portavoce della Regione Lazio per attaccarlo: «Per fortuna lei vive in un paese democratico che ha sconfitto i fascisti (come lei). Dunque nessuno la manderà al rogo. Semplicemente continueremo a combattere le sue idee in nome della democrazia e della costituzione repubblicana che i suoi amici volevano sovvertire. Il martirio le è precluso, le dimissioni no. Spero che Rocca si dia una mossa in questo senso». Il Gruppo regionale del Movimento 5 Stelle ne aveva chiesto le dimissioni in mattinata: «Negare la matrice neofascista della strage di Bologna e una verità giudiziaria che diverse sentenze hanno appurato è già di per sé grave, diventa gravissimo quando a scrivere tali affermazioni è il portavoce del presidente», come il co-portavoce di Europa Verde e deputato di AVS Angelo Bonelli. E il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini era stato ancora più esplicito: «Ignobile e bugiardo. Venga a dirle a Bologna queste cose. Guardando negli occhi i famigliari delle vittime della strage fascista del due agosto».
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