Kata, lo sfogo della madre: «Mi facciano sapere se è viva o no». Spunta il video dell’aggressione all’ex Hotel Astor – Il video
«Vorrei sapere se Kata è viva, se sta bene, sono passati due mesi e stare così senza sapere nulla mi fa stare male. Non si può stare così senza sapere niente. Chi sa di Kata mi faccia sapere qualcosa». Lo ha detto Kathrine Alvarez, la madre della bambina Kata scomparsa a Firenze dal 10 giugno, in uno sfogo coi suoi legali. «Spero che la nuova indagine serva a trovarla», ha detto Kathrine ai suoi avvocati sulla perquisizione dei cellulari, il suo e quello del marito, Miguel Chicclo Romero. La coppia, che non è indagata, è rimasta fino a sabato sera tardi negli uffici dell’Arma in attesa che la copiatura dei dati si completasse. Ieri la Direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano ha arrestato quattro persone, tra le quali lo zio materno della bambina di 5 anni. E ha poi proceduto alla copia forense dei cellulari dei genitori.
Il video e l’inchiesta sullo zio
Sono due le inchieste parallele, non sovrapposte. Una riguarda la scomparsa della bambina, l’altra il racket dietro le stanze. Quest’ultima indagine ha portato a quattro arresti, tutti di nazionalità peruviana. Tra questi appunto anche lo zio materno di Kata, Carlos Martin De La Colina Palomino. In questo caso i reati contestati sono estorsione, tentata estorsione e rapina, commessi tra il novembre del 2022 e lo scorso maggio, nonché di tentato omicidio e lesioni gravi commesse il 28 maggio, quando secondo quanto ricostruito all’Astor vi fu un raid punitivo nei confronti di alcuni occupanti. Nell’ambito di questo aspetto si colloca il video pubblicato in queste ore da Repubblica che riguarda proprio il tentato omicidio all’ex hotel Astor. Sono le 22,08 del 28 maggio scorso, quando un cittadino ecuadoregno alloggiato nell’ex Astor di Firenze chiama il 112 chiedendo l’intervento della polizia. L’uomo si è lanciato da una finestra al primo piano per sfuggire alla spedizione punitiva di 15 uomini incappucciati. Audio e video sono agli atti dell’inchiesta diretta dalla pm Christine Von Borries.
Secondo gli inquirenti le settimane precedenti al sequestro sono state caratterizzate da minacce e pestaggi, «vere e proprie faide tra i parenti della famiglia Alvarez e gruppi di peruviani, ecuadoregni e romeni che occupavano l’hotel per il possesso e la gestione illecita delle stanze per le quali erano richieste some di denaro».
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