La telefonata, i bigliettini, l’inchiesta: la morte di Luca Reale Ruffino e l’indagine per istigazione al suicidio
La procura di Milano indaga per istigazione al suicidio nel caso della morte di Luca Giuseppe Reale Ruffino. Il presidente di Visibilia Editore si è tolto la vita nella serata di sabato poco prima di mezzanotte in camera sua nella casa di famiglia a Milano in via Spadolini, vicino all’università Bocconi. A scoprire il corpo uno dei due figli, Mirko. L’imprenditore si è sparato con una pistola regolarmente detenuta. Accanto a sé ha lasciato un biglietto ai familiari. Il gesto sarebbe legato a motivi di salute. Il manager di Lecco ad ottobre era entrato in Visibilia rilevando quote della ministra del Turismo Daniela Santanchè. Attraverso una serie di aumenti di capitale era poi diventato, con la sua Sif Italia, primo azionista. Aumentando recentemente la sua quota fino al 45,81%. Ruffino non era coinvolto nelle indagini per bancarotta, falso in bilancio e truffa. Non era indagato, né era stato mai ascoltato dai pubblici ministeri.
I bigliettini
Ruffino avrebbe sentito la compagna sabato poco prima della morte. La donna, allarmata dal tono di voce del manager, avrebbe avvertito il figlio. Chiedendogli di mettersi in contatto con il padre. Da qui la scoperta del cadavere. Nella stanza gli investigatori hanno trovato alcuni bigliettini scritti dal manager. Sei fogli indirizzati a familiari, amici e collaboratori. Tra questi due per i figli Mirko e Andrea. Ai quali, scrive oggi il Corriere della Sera, Reale Ruffino avrebbe comunicato il dispiacere per il dolore che avrebbe causato il suo gesto. Ad altri ha spiegato che ha scelto di togliersi la vita a casa sua per non provocare shock ai dipendenti. Il manager aveva partecipato da poco all’ultimo consiglio di amministrazione di Visibilia. Da poco aveva compiuto sessant’anni.
La malattia
Negli ambienti politici si parla di una malattia gravissima e scoperta da poco da parte del manager. L’intervento di Ruffino in Visibilia era stato subito catalogato come una sorta di soccorso da destra alla ministra in difficoltà. Lui aveva smentito: «Ma quale soccorso nero – aveva detto in un’intervista a Repubblica -. Daniela Santanchè ci deve 1,5 milioni e per questo ha messo a garanzia anche la sua casa. Non ho nulla da spartire con lei per il resto e stiamo sistemando le cose che abbiamo trovato qui».
Chi era Luca Reale Ruffino
Luca Reale Ruffino era stato segretario milanese del partito Udc. Nel 2000 si era candidato senza successo alle elezioni regionali. Poi si era avvicinato ad Alleanza Nazionale. Quindi a Fratelli d’Italia. Aveva sostenuto la campagna elettorale di Romano La Russa, oggi assessore regionale alla sicurezza in Lombardia e fratello di Ignazio. Proprio con lui e con Marco Osnato era stato coinvolto in un’inchiesta nel 2012 per le gare di appalto di Aler, l’azienda di edilizia pubblica lombarda. In particolare si indagava per 10 mila euro di finanziamento per la stampa di manifesti per la campagna elettorale. Alla fine tutti e tre sono stati assolti in via definitiva. In passato era stato nel Cda di FerrovieNord, Fiera Milano e Milano Serravalle Engeenering. Ma soprattutto aveva fondato Sif Italia, società quotata a Euronext Growth Milano, diventando in Italia il primo amministratore di condominio ad avere uno studio di amministrazione condominiale quotato in borsa.
Il ricordo di Osnato
Proprio Osnato, oggi deputato di Fratelli d’Italia, ha ricordato il manager ieri sera: «Ho conosciuto Luca Ruffino, prima che politicamente, nella sua attività professionale che aveva incrociato la mia. Era un professionista serio, impegnato, attento agli inquilini che amministrava e che conosceva quasi tutti personalmente». Il deputato ha parlato dei motivi della morte: «Si sostiene che probabilmente il gesto estremo possa essere stato dettato dalla consapevolezza di una malattia feroce che non gli avrebbe dato più speranze. Sono francamente molto scosso e dispiaciuto e voglio porgere le mie affettuose condoglianze ai figli. Non tutti sanno che, con assoluta discrezione faceva molta beneficenza e, quando poteva, dava una mano a chiunque in quei quartieri gliela chiedesse senza mai chiedere nulla in cambio». Anche «nella breve vita politica che si è concesso», Ruffino «si è sempre comportato in modo disinteressato, esclusivamente assecondando una passione . Era l’unica attività che riusciva a distrarlo dal lavoro: per lui religione di vita».