La moglie di Fausto Bertinotti e la storia del comunista con il cachemire: «Una bufala nata da me»
Lella e Fausto Bertinotti si sono sempre dovuti confrontare con la storia del comunista con il cachemire. Così veniva chiamato il presidente della Camera all’epoca del governo Prodi con Rifondazione Comunista. Uno sfottò che però oggi la moglie di Bertinotti intende storicizzare. E lo fa in un’intervista doppia al Corriere della Sera: «È una bufala che nasce un po’ a causa mia. Secondo voi, uno che faceva il sindacalista con lo stipendio di operaio specializzato poteva permettersi il cachemire? Non direi. Andò così: un giorno, al mercato di via Sannio, a Roma, vedo un maglioncino a girocollo di cachemire usato e lo prendo (indica il marito, ndr) per questo povero disgraziato che di vestiti aveva poco e nulla. Costo: ventimila lire. La leggenda del cachemire inizia là e prosegue quando, al compleanno dei suoi sessant’anni, gli amici gli portano regali in cachemire: chi dei calzini, chi una sciarpa».
I giornalisti
Lella spiega a Tommaso Labate che «dopo, per colpirlo, c’erano giornalisti che andavano al negozio di abbigliamento sotto casa nostra per chiedere che cachemire vendessero e che cosa comprava Bertinotti. Il negoziante rispondeva “ma non trattiamo cachemire e Bertinotti non ne compra”. Solo che poi non lo scrivevano». Invece Fausto rivela un bel ricordo collegato alla storia: «Tre compagne operaie del cachemire che, tramite Ramon Mantovani, mi fecero avere un maglioncino bellissimo, accompagnato da una lettera che faceva più o meno così: “Compagno Bertinotti, perché sei così infastidito quando si parla di cachemire? È il nostro lavoro e la nostra vita. Tra l’altro, quello che spendi per comprarlo, poi lo risparmi perché dura nel tempo, al contrario di altri tessuti”».
Il voto alle ultime elezioni
I due, uniti da tempo, si sono però divisi di recente alle urne: «Per qualche anno non ho votato, alle ultime elezioni ho scelto il Movimento 5 Stelle», dice Lella. «Io invece ho votato per la cosa più a sinistra che c’era sulla scheda, Potere al popolo. Così, l’ho detto a Lella, sono sicuro che non eleggo nessun parlamentare». Infine, Lella racconta di quella volta che ebbe paura di essere diventata un obiettivo per i terroristi: «C’era sciopero dei mezzi, sorprendo una coppia di sconosciuti dentro il portone del palazzo; a seguire, un signore che guardava dentro la nostra macchina; avevano anche citofonato, prima, e una voce diceva “scusi, abbiamo sbagliato”. A sera, dopo un comizio di Fausto, vedo un’auto che ci segue. Finisce che chiamo la polizia. Infatti, dopo la perquisizione di un covo delle Br, avevano trovato il suo nome tra quello degli obiettivi da colpire».