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Cristina Seymandi, la risposta a Massimo Segre: «Contro di me una violenza sessista. Ma non lascerò il lavoro con lui»

11 Agosto 2023 - 05:11 Redazione
cristina seymandi massimo segre cornuto video festa torino 1
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La manager: all'uomo è concesso tutto. Anche uccidere per amore

Cristina Seymandi si sente vittima di una violenza sessista. E dice che a parti invertite del modo in cui il suo ormai ex fidanzato Massimo Segre l’ha trattata alla festa di fidanzamento di Torino non ne avrebbe parlato nessuno. Perché «all’uomo nella società occidentale del 2023 è consentito tutto. Anche uccidere “per amore”. Perché in questa terribile subcultura c’è ancora chi non si scandalizza troppo per il femminicidio. Inoltre, quando la vittima è una donna, sui social si scatenano anche gli odiatori seriali che nulla sanno dei nostri fatti privati. E nulla devono sapere». In un’intervista rilasciata a La Stampa la consulente della comunicazione e manager, già nello staff della sindaca Chiara Appendino, aggiunge che però continuerà a lavorare con lui. E riguardo le possibili denunce, dice che prima penserà a sua figlia.

Una pagliacciata

Intanto Segre è a Zanzibar con i tre figli avuti dal primo matrimonio. Seymandi da sei mesi è proprietaria all’80% della Savio, azienda dei Segre finita in procedura concorsuale e rilevata con il sostegno di due milioni di euro di fondi regionali. L’ex collaboratrice di Appendino è anche consigliere di Directa servizi, società di brokeraggio online. Con l’ex compagno condivide anche l’impegno nella Fondazione Molinette Onlus. Con 158 posti di lavoro. «I giorni dopo la festa non ho dormito. Stanotte poco. È stata una doccia ghiacciata. Ma ora comincio a mettere a fuoco le cose. E sa cosa le dico? Il vero scandalo è la violenza sessista su di me. A parti invertite non ne avrebbe parlato nessuno», dice lei nel colloquio con Emanuela Minucci. Quella di Segre «è stata una pagliacciata, diciamo la verità, le cose serie si risolvono in altro modo. Specifico che eravamo in 35 ed era la festa a sorpresa per il mio compleanno, organizzata da lui. Ha coinvolto tutti i miei amici, ignari che si sarebbe verificato questo spettacolo a cui certo non avrebbero voluto partecipare. Voleva punirmi pubblicamente, è chiaro».

«Le cose sono andate in modo diverso»

Cristina Seymandi spiega che non ha reagito perché «lui se n’è scappato via senza lasciarmi parlare, accompagnato da quattro bodyguard». Anche lei è andata via subito. Perché «il giorno dopo sono andata a lavorare perché in ogni caso ho un’azienda e i colpi di testa non me li posso permettere. Dovevamo partire il giorno successivo per Mykonos. Si figuri, le valigie erano già pronte». Ma è anche sibillina: «Penso che le cose siano molto diverse da come lui le ha raccontate quella sera, e che non sia stata una scena degna del suo ruolo. Penso anche che, come professionista, le questioni private che coinvolgono anche figli e parenti non vadano gettate sulla pubblica piazza». Ma dice anche che lo amava: «E non mi sarei mai immaginata una cosa simile. Poi non era certo quella l’occasione per chiarire».

La verità verrà fuori

Seymandi chiede a chi la condanna «di soprassedere, anche perché all’interno di ogni famiglia, perché di famiglia si tratta, le dinamiche sono molto complesse e difficili da comprendere dall’esterno. La verità verrà fuori. E ripeto: mi spiace forse più per lui che per me. E poi per tutte le persone che sono venute fuori attorno a questa vicenda che in realtà non c’entrano nulla». Ma dice anche che chiedere per sempre «non posso. Resta in piedi il lavoro e non posso permettermi di perderlo». Aggiunge di essere certa che qualcuno dietro di lui abbia soffiato sul fuoco. Mentre il video è stato organizzato ad arte: «Poi c’è un’altra cosa da chiarire: sono state dette molte falsità. Ad esempio che alla festa era stato proiettato un video e poi che lì ero svenuta. Tutto falso».

Il futuro

E adesso che farà? «Voglio riposarmi e stare con mia figlia. La mia vita professionale mi impone di reagire e rimanere lucida. Non me l’aspettavo, ma devo andare avanti. Penserò anzi se dovrò tutelarmi nelle sedi civili e penali».

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