Annamaria Bernardini de Pace e il caso Segre-Seymandi: «Lei non la difenderei, lui anche gratis. La solidarietà alla traditrice fa schifo»
Annamaria Bernardini de Pace ha le idee chiarissime sulla lite tra Massimo Segre e Cristina Seymandi: «Lei non la difenderei mai. Difenderei lui tutta la vita, anche gratis». Perché sulle corna pubbliche di Torino ha le idee chiarissime. E contesta «l’ipocrisia delle femministe». Che si sono schierate in difesa di lei. «No, secondo me non esiste un diritto di vendetta, esiste casomai un bisogno di punizione. Nello specifico della vicenda di Torino, a mio avviso Massimo Segre non ha messo in campo una vendetta bensì un bisogno insuperabile di chiarezza. Nell’ambito di una festa privata ha radunato gli amici che facevano parte della vita sua e di Cristina per raccontare loro tutto ed evitare di affidarli alla narrazione di Cristina, ipotizzando che lei non sarebbe stata del tutto sincera. E io non penso di sbagliare dicendo questo perché chi tradisce non è mai sincero. Per tradire la menzogna è necessaria», dice in un’intervista a Libero.
La colpa è sempre del traditore
Nel colloquio con Hoara Borselli Bernardini de Pace difende Segre: «No, non penso che lui immaginasse potesse diventare virale. Ha colto semplicemente l’occasione per chiarire una vicenda della quale era stato messo al corrente probabilmente da un amico, anche se pare che siano stati proprio i figli di Massimo a farlo». E spiega: «Quando una persona è tradita è totalmente devastata, se ama è totalmente governata dal dolore. Questo vale anche nel campo del lavoro e dell’amicizia. Se tu hai una fiducia categorica senza possibilità di discussione in una persona, il tradimento non è soltanto un calcio in faccia, è un calcio nel cuore e nel culo. Non riesci a pensare ai figli degli altri, giustamente pensi a te stesso. Del resto lui non è che ha fatto di più di quello che aveva già fatto lei. La figlia prima o poi avrebbe saputo che la madre tradiva. La colpa è sempre del traditore e non di chi rivela il tradimento».
Massimo Segre lo sposerei
E aggiunge: «Se tutto questo fosse successo a Napoli, Bari, Roma non avrebbe creato tutto questo casino. A Torino lo crea molto di più e l’amico che ha fatto girare il video si è reso conto dell’importanza storica e sociale di questo gesto. Secondo me è stato anche positivo». Secondo Bernardini de Pace «a Torino è tutto chiuso, non esce niente. Io ho seguito molte cause a Torino e deve sapere che c’è l’abitudine da parte dei genitori, prima di un matrimonio, e prima di approvarlo, di fare indagini approfondite sullo sposo e sulla sposa». Infine, dice che Massimo Segre «lo sposerei all’istante perché è un uomo che mi dà fiducia, perché intelligente, creativo. Un uomo onesto che sente il dolore del tradimento, che si indigna per la mancanza di rispetto della fiducia, che non si vergogna di dire di essere un cornuto come la maggior parte degli uomini».
Le femministe
E se la prende con le femministe: «Avrà notato che la maggior parte delle donne che si sono pubblicamente schierate, hanno definito il gesto di Massimo una gravissima forma di violenza ai danni di Cristina. Questa solidarietà alla traditrice è uno schifo. Secondo me queste sono tutte donne con la coda di paglia. Se questa identica sceneggiata l’avesse fatta una donna, oggi questa donna arriverebbe a diventare Presidente della Repubblica, portata a braccio da tutte le donne d’Italia. È così perché le donne in Italia, diversamente dai paesi europei più avanzati, proteggono le donne solo perché sono donne, non perché sono nella ragione e nel torto». L’avvocata non ha paura di andare contro le donne: «Per 10 anni io ho avuto il 95 per cento di clienti femmine, ho sempre difeso le donne perché negli anni ’80 le donne erano trattate come delle babysitter di lusso. Adesso il mondo è cambiato e difendo il 70 per cento degli uomini che sono oggi le vere vittime».
La causa per diffamazione
Infine, sulla causa per diffamazione che potrebbe intentare Seymandi l’avvocata è categorica: «Cristina ha tutto il diritto di intentare una causa, per diffamazione ma sono certa possa perderla. Primo perché non è stato Massimo a far girare il video; secondo lui l’ha detto nell’ambito di una cerchia di amici. È vero che bastano tre persone per la causa di diffamazione, ma lui ha spiegato il motivo per cui lo ha fatto». E se chiedesse di essere difesa da lei «non lo farei mai. Difenderei Massimo tutta la vita perché ciò che ha fatto ha un valore nobile e non è un valore bieco. Tradire è bieco, chiarire e raccontare il tradimento, in qualunque modo tu lo faccia, è un gesto nobile». Lui in tribunale può sempre far valere l’“exceptio veritatis”». Ovvero? «Io non ti ho diffamato ma ho semplicemente detto la verità e te la dimostro. Per cui quello che ho detto non ti può diffamare dal momento che tu hai già diffamato me tradendomi apertamente».
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