Facebook censura il gruppo di Lino Banfi ma lui non ci sta: «Zuckerberg, ti spezzo il capocollo»
Lino Banfi contro Mark Zuckerberg. Non sarà come l’l’incontro di lotta con Elon Musk, ma la lettera che l’attore oggi manda al Corriere della Sera in cui accusa Facebook di mettere al bando i fans che parlano di lui e riportano le sue gag è comunque significativa. Il casus belli è un gruppo sul social network blu. Si chiama “Noi che amiamo Lino Banfi official” ed era arrivato ad avere più di 27 mila membri. Il passato è d’obbligo perché nel frattempo è stato disabilitato per il mancato rispetto degli standard della community. Perché si usavano le espressioni tipiche dell’attore. Ma secondo l’algoritmo sono linguaggio volgare. E allora ecco la lettera.
Il linguaggio banfiota
Il testo comincia così: «Caro direttore, ti scrivo pregandoti di farmi da tramite al «nostro quotidiano». Mi permetto di usare il termine «nostro» perché dopo sessant’anni che lo leggo ogni mattina lo sento anche un po’ mio e posso pure pregiarmi dell’amicizia del nostro editore, il grande URBÉNO! Insomma, cerco di spiegare meglio: da circa sette anni esiste un gruppo Facebook che si chiama “Noi che amiamo Lino Banfi” ideato e coordinato da Calogero Vignera. E sono davvero tante le persone di tre generazioni e di inizio di una quarta, che fanno e pubblicano cose bellissime in mio onore — il buon Calogero potrebbe ben dettagliare — e cosa succede? Si iscrivono decine di migliaia di fan di tutte le età e zac, arriva il signor Zuckerberg che ordina ai suoi algoritmi italiani: “Chiudete subito Banfi!”».
Il motivo della chiusura
Il motivo: «E tutto questo perché i miei ammiratori si scambiano idee, video, messaggi, usando il linguaggio banfiota e in questo linguaggio ci sono esclamazioni come “Porca putténa, disgrazieto maledetto, ti metto l’intestino a tracollo”… Quest’ultima volta la chiusura è stata motivata dall’esclamazione “Picchio De Sisti”! Tutto viene cancellato, il gruppo annullato e si deve ricominciare da zero». Infine, l’invettiva (scherzosa): «Cosa ho fatto io a Mister Mark Zuckerberg e ai suoi algoritmi? Ci ho messo più di 60 anni per far parlare il mio linguaggio a tutti, mi chiamano Maestro, mi danno i premi alla carriera e questo mi spegne tutto! Ma come si permette ‘sto arcimiliardario maledetto che chi chezzo lo conosce? Arrivati a questo punto, se vuole la guerra, mi sfogo! CHEZZO! CHEPO DI CHEZZO! Ti metto i menischi nella scapolomerale! Ti spezzo il capocollo e te lo metto a tracollo! PORCA PUTTÉNA pertre volte e, dulcis in fundo: MI SONO ROTTO LE PELLE. E adesso fatemi pure arrestare. Grazie per l’attenzione, Direttore, con i miei più cordiali saluti, suo Lino Banfi».
«Mi sono rotto le pelle»
La chiusura è dedicata all’incontro di Mma prossimo venturo (forse): «Volevo anche scrivere due righe a Elon Musk, visto che pare che questa lotta all’ultimo miliardo si farà in Italia: “Caro Elon, devi dire al tuo rivale di lasciare in pace il nonno nazionale. Come si dice tra seri centurioni, fai il brévo e non rompere i co… siddetti!”».