Mhackeroni, il leader del gruppo che ha preso il controllo di un satellite Usa: «Siamo hacker buoni, le aziende ci chiamano per validare i loro sistemi informatici»
Un’emozione indimenticabile. Così Mario Polino ricercatore 33enne del dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano e caposquadra dei Mhackeroni descrive come ci si sente a prendere il controllo del satellite Moonlighter del governo statunitense. Ovvero quello che il gruppo di hacker italiano ha fatto (legalmente) vincendo la competizione informatica Hack-A-Sat. «La vittoria è stata una sorpresa, è arrivata sfruttando gli ultimi minuti disponibili», racconta Polino. I Mhackeroni hanno decriptato le password e violato il satellite, facendolo girare nella direzione corretta per scattare foto a obiettivi sensibili. Un attacco che non si poteva simulare, solo provare dal vivo durante la competizione.
Le difficoltà iniziali
E infatti non tutto era partito con il piede giusto: «Abbiamo imparato a gestire tempi e operazioni in gara. Il primo giorno è andata male: la nostra computazione era troppo lunga e i task non sono andati a buon fine. Così nella notte abbiamo rivisto tutti i passaggi per ridurre i tempi e abbiamo sfruttato l’ultima finestra disponibile», racconta in un’intervista rilasciata a Repubblica a cura di Sara Bernacchia. Una grande occasione che fino a qualche anno fa sembrava lontanissima: «Quando mi sono avvicinato a questo mondo, nel 2008, le competizioni erano pochissime. Nel 2017 c’è stata la svolta: a Roma è partita la Cyber Challenge, una gara nazionale a cui partecipavano i gruppi di 7-8 atenei, che iniziarono a fare corsi. Oggi i gruppi sono 42, ognuno seleziona 20 ragazzi l’anno con un test a cui in Italia si iscrivono 4-5.000 ragazzi dai 18 ai 25 anni».
La squadra
Oggi i Mhackeroni sono un gruppo affermato che continua a reclutare nuovi talenti: «Il più giovane è un liceale torinese di 17 anni. Gli altri sono universitari o ex studenti che restano in squadra. Tanti studiano ingegneria informatica, ma ci sono anche allievi di ingegneria aerospaziale, fisica e matematica. Il gruppo più ampio arriva dal Politecnico di Milano, seguono Torino e la Sapienza». Polino spera che il numero di donne nel team aumenti: «Nei Mhackeroni sono solo 3, ma cerchiamo di rimediare con i programmi di training». Intanto, la squadra rimane in costante allenamento: «Il test migliore è partecipare alle competizioni, prima delle gare importanti cerchiamo di ritrovarci tutti a Milano. Il gruppo del Politecnico si riunisce tutti i sabati e ci si vede anche fuori».
Potrebbe sembrare solo un gioco, ma il ruolo degli hacker “buoni” è fondamentale: «Le competizioni aiutano a sviluppare competenze preziose per le aziende, che hanno bisogno di validare i loro sistemi e ingaggiano noi per farlo». Aziende che spesso devono sopperire alla poca prudenza di molti utenti che non sempre comprendono il ruolo di gruppi come Mhackeroni. «Fuori dall’ambito professionale – spiega Polino – non è scontato riuscire a far capire alle persone che nella sicurezza informatica si impara a difendere attaccando e che lavorare per violare un sistema e metterne in luce i punti di debolezza significa svolgere un servizio per la società»