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Roberto Vannacci e Paola Egonu: «I suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità»

19 Agosto 2023 - 07:22 Redazione
roberto vannacci paola egonu
roberto vannacci paola egonu
Il libro "Il mondo al contrario" e il ragionamento sulla pallavolista

La Verità pubblica oggi un altro estratto dal libro di Roberto Vannacci Il mondo al contrario. Si tratta dell’estratto in cui il generale nel frattempo destituito parla della pallavolista Paola Egonu. Vannacci, che ha detto di non volersi scusare e di lottare contro il pensiero unico, la prende alla lontana. Ovvero da Annibale: «Da adolescente leggendo un libro su Annibale ho avuto un’incredibile rivelazione: l’autore, il bravissimo Gianni Granzotto, sosteneva infatti che “«”sessanta nonni ci dividono oggi da Annibale. Sessanta nonni soltanto. Potrebbero stare tutti in quella stanza della memoria, cucitrice del tempo”»”. E proprio questo bellissimo esempio mi consente di evidenziare che la cultura di una popolazione ed il tempo a cui fa riferimento sono parametri intimamente legati tra loro».

La cancel culture

Secondo Vannacci è vero che la cultura è un prodotto storico. «Ma è anche vero che questi infinitesimali correttivi dell’ultima ora hanno un impatto insignificante su ciò che si è cristallizzato in 5.000 anni di storia. Se lo dovrebbero stampare bene nella mente i fanatici della “«”cancel culture”»” che vorrebbero tirare un colpo di spugna su storia e tradizioni millenarie. Anche se abbiamo seconde generazioni di italiani dagli occhi a mandorla, il riso alla cantonese e gli involtini primavera non fanno parte della cucina e della tradizione nazionale». Poi le frasi sulla sportiva: «Anche se Paola Egonu è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità che si può invece scorgere in tutti gli affreschi, i quadri e le statue che dagli etruschi sono giunti ai giorni nostri; anche se vi sono portatori di passaporto italiano che pregano nelle moschee, ciò non cancella 2.000 anni di cristianità».

McDonald’s e Vissani

Poi il discorso si sposta in cucina: «La società cambia, e così la cultura, ma ogni popolazione ha il sacrosanto diritto, ed anche il dovere, di proteggere le proprie origini e le proprie tradizioni da derive e da tangenti che le snaturerebbero. Sono ormai più di cinquant’anni che abbiamo McDonald’s in Italia e che milioni di italiani si cibano dei suoi prodotti, ma nessuno si azzarda a dichiarare che i panini con hamburger e ketch-up facciano parte della cucina tricolore». E quindi, secondo il generale, «fa benissimo Vissani, o qualunque altro virtuoso della culinaria, ad insorgere quando si vorrebbero applicare delle arbitrarie ed esotiche varianti ad una delle grandi espressioni dell’arte nazionale. Analogamente, per quanto crescano le percentuali di stranieri o di cittadini italiani “acquisiti”, fare il distinguo su ciò che appartiene alla cultura nazionale e ciò che è importato è indice di tutela di un patrimonio culturale vecchio di millenni e non di inutile sciovinismo o di xenofobia».

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