L’appello virale di una cittadina di Vicenza: «Io minacciata di stupro, sono in pericolo di vita». La Polizia trova l’aggressore e lo arresta – L’intervista
«Sono terrorizzata. C’è un uomo che ha aggredito me e la mia famiglia e che ha minacciato di stuprarmi appena mi vedrà da sola. Si è presentato con un’ascia sotto casa mia, è stato arrestato e dopo un giorno lo hanno liberato. Abbiamo paura, non abbiamo protezione e le istituzioni non rispondono». E’ stato un appello disperato quello di Lucilla Fazio, designer che aveva usato i social per chiedere aiuto alle istituzioni locali e nazionali e alla stampa perché si sente in pericolo di vita e senza strumento alcuno per poter tutelare lei e la sua famiglia. La sua vicenda è il simbolo di una zona del tutto soggiogata dalle organizzazioni criminali in cui cittadini e istituzioni hanno le mani legate. Si tratta di un quartiere tra la stazione e il parco Campo Marzo di Vicenza, in pieno centro storico. In questo caso, però, la polizia è riuscita ad intervenire per tempo e nel pomeriggio di oggi, dopo l’ennesimo fermo, l’uomo è stato arrestato e sottoposto a custodia cautelare.
La vicenda
«L’aggressore è un uomo di origine nigeriana, inserito nel racket dello spaccio che governa l’area in cui viviamo, ha lo stato di rifugiato politico e seri disturbi psichiatrici», inizia a raccontare Lucilla Fazio a Open. Staziona sotto casa della donna quotidianamente, giorno e notte, da almeno 6 mesi. E nel quartiere è noto a tutti proprio per la sua aggressività e pericolosità.
L’organizzazione criminale che tiene sotto scacco la zona
L’area in cui vive la famiglia Fazio è fatta di grandi palazzi, gran parte costruiti negli anni del boom economico. «Qui ci sono coloro che all’epoca avevano comprato casa, nuovi giovani, e molte famiglie indiane, dello Sri Lanka. Una zona da anni multietnica, e per questo anche molto bella. In parallelo, però, conviviamo con gravi problemi che negli anni sono peggiorati», prosegue Lucilla. «Siamo tutti abituati a convivere con persone tossicodipendenti che stazionano davanti ai nostri portoni. Continuamente mi si avvicinano spacciatori che mi chiedono: “Vuoi fare sesso con me? Ti do una dose”. E per questo motivo, sotto casa nostra, spesso troviamo anche donne tossicodipendenti (italiane) che si prostituiscono per avere delle dosi. Quasi tutte le notti, poi, le senti urlare perché il più delle volte, gli stessi uomini le derubano», continua.
In quella zona, fa sapere Lucilla, c’è una vera e propria organizzazione che si muove così abilmente che le autorità non riescono mai a trovare il reato: «A seconda del ruolo di ciascuno, si muovono a piedi, in bici o in monopattino e nessuno di loro ha mai oltre una dose di droga addosso». Il problema è presente da anni, ma Fazio riferisce che è peggiorato con la pandemia. «Se prima gli spacciatori erano quelli un po’ più lucidi, ora fumano tutti crack. Sono sempre su di giri e ora confondono la donna passante che si fa i fatti suoi con la ragazza tossicodipendente che vuole prostituirsi». In breve tempo, Fazio si è trovata coinvolta in prima persona.
L’aggressione, le minacce di stupro, e l’uomo a piede libero
Lucilla lavora con il marito in uno studio non lontano da casa. Fa avanti e indietro più volte durante il giorno. Il 16 agosto mentre rientrava in casa si è trovata la stessa scena di tutti i giorni davanti al portone: l’ennesima donna tossicodipendente che si prostituisce e quell’uomo accanto. «Ci ha chiesto se volevamo comprare della droga. Siamo abituati a queste scene e abbiamo sempre risposto con calma e moderazione. Ma solo quella sera mio marito gli ha detto: “No non voglio comprare quella merda”. Non l’avesse mai fatto: quell’uomo ha iniziato a picchiarlo. Così mio marito ha chiamato il 112, e io ho tentato di fargli alcune foto. La risposta che ci hanno dato? “Mandi una mail”. Qui la polizia è rassegnata, non ha gli strumenti per poter procedere», prosegue Fazio.
L’aggressore a quel punto ha iniziato con le minacce: «So chi sei, so che abiti qui e passi sempre di qua, so dove lavori. La prossima volta che ti trovo da sola ti stupro». In quel momento è uscito il figlio della coppia, un ragazzo di 17 anni, che ha tentato di mediare con la calma. Ma anche lui è stato aggredito e minacciato di morte. Il paradosso è che a “salvarli” sono stati due capobanda nigeriani del racket che sono intervenuti per farlo smettere. Solo al termine di tutto questo è arrivata la polizia che li ha invitati a fare denuncia il giorno seguente. E così hanno fatto.
Doppio tentativo: prima con l’ascia, poi con gli attrezzi da scasso
Ricevuta la denuncia, girata per competenza alla Polizia, il carabiniere di turno avrebbe consigliato alla signora: «Si compri una pistola con lo spray al peperoncino». «Per me – incalza Fazio – il messaggio tra le righe era “Si difenda da sola”». Solo pochi giorni dopo Lucilla ha scoperto che l’uomo è stato arrestato perché dalle minacce ha tentato di passare ai fatti: l’hanno trovato sotto casa sua con un’ascia di circa 38 centimetri. Dopo 24 ore, però, è stato rilasciato con un foglio di via dalla città di Vicenza. Ieri, il secondo tentativo di avvicinamento: l’uomo è stato individuato a pochi metri da casa della donna con una cassetta piena di strumenti per scassinare una porta. Di qui la segnalazione della Questura alla procura, anche per la violazione del divieto di residenza, e la decisione dei pm di intervenire con l’arresto e la custodia cautelare in carcere.
Nel suo appello pubblicato in mattinata, Lucilla diceva di sentirsi sola e spaventata. Come confermava anche a Open: «Ho inviato pec a chiunque. Gli unici che ci hanno risposto sono il centro antiviolenza che mi ha fissato un colloquio conoscitivo la prossima settimana, e il sindaco che, però, ha le mani legate». Il primo cittadino le aveva fatto sapere che da tempo cercava di spingere per creare un comitato di sicurezza per quell’area, ma che non riusciva a convocarlo per le poche denunce ricevute.
L’appello di Lucilla Fazio ai cittadini e alle donne: «Denunciate»
Lucilla teneva dunque a fare un doppio appello, prima ai cittadini del quartiere e poi a tutte le donne: «Ai residenti voglio dire: denunciate. L’unica arma che abbiamo come cittadini è quella della denuncia. Le segnalazioni non servono a nulla, non entrano nelle statistiche. Vi prego denunciate. Alle donne che subiscono catcalling, avances o molestie – che ora sono tutti perseguibili dalla legge – vorrei dirgli di non vergognarsi, e di investire quell’ora andando a denunciare».
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