La versione di Gabriele Gravina: «Mancini non può dire certe cose. Sua moglie avvocata e io sappiamo bene qual è la verità»
«Le vacanze? Forse a Natale…». Gabriele Gravina inizia con una battuta l’intervista al Corriere della Sera. Il numero uno della FIGC spiega perché ha scelto Luciano Spalletti alla guida della Nazionale: «Perché ha vinto lo scudetto facendo emozionare Napoli e tutti quelli che amano il calcio, è una guida forte e sicura, ha esperienza e un gioco brillante. Ma soprattutto perché, già alla prima telefonata, ha mostrato un entusiasmo contagioso». Sulla vicenda della clausola del Napoli che bloccava Spalletti spiega Gravina che all’inizio neppure sapeva dell’esistenza del documento. «L’ho scoperto dai giornali. I nostri avvocati mi hanno rassicurato: potevamo parlare con lui, il resto è una questione tra Luciano e il suo vecchio club». «Con Aurelio (De Laurentiis ndr) ci siamo sentiti. Ma non mi aspettavo niente di diverso da quanto è successo. Altre cose, invece, non mi aspettavo (…) Tanto odio e ipocrisia da parte di alcuni detrattori, ma fa parte del gioco. Ho letto anche nomi di allenatori che non rientravano nei piani. Ho chiamato subito Spalletti, l’altro candidato era Conte che non può essere considerato una seconda scelta. Stop: finita qui».
«De Laurentiis invadente»
Non si aspettava De Laurentiis parlasse del contratto di Mancini. «Un contratto – sottolinea il presidente della Federazione – che non conosce. Mi è sembrata una invasione di campo. Certe dichiarazioni mi sono sembrate inopportune come quando ha detto che se volevamo Spalletti avremmo dovuto pagare…». E ancora: «La situazione è stata chiara sin dall’inizio. Luciano stesso mi ha subito detto che la clausola è un problema tra lui e il Napoli. E la Figc non ha mai pensato di subentrare».
«Amareggiato. Mancini non mi ha mai detto che voleva andarsene»
La parte più interessante di tutta la vicenda è su come Roberto Mancini abbia lasciato la guida degli azzurri. Gravina si dice molto amareggiato dalla vicenda. «Ci sono rimasto male. Non porto rancore – spiega al Corriere – ma i tempi di questo divorzio mi lasciano perplesso». «Roberto – spiega – non mi ha mai detto che voleva andarsene. È stato un fulmine a ciel sereno. Ho sentito parlare di dimissioni per la prima volta dalla moglie, Silvia Fortini, che è il suo avvocato, il giorno prima che arrivasse negli uffici della Federcalcio una pec formale. Considerati i rapporti personali avrei apprezzato di più se Mancini mi avesse espresso la sua volontà guardandomi negli occhi». Aggiunge: «Ho ricevuto un messaggio l’8 agosto, sempre dal suo avvocato, in cui manifestava il disagio sulla clausola di uscita nel caso non ci fossimo qualificati per l’Europeo. Niente altro». «Adesso – conclude – continuo a chiedermi perché Mancini abbia detto certe cose. E mi chiedo se le ha dette per davvero, perché sa benissimo che la realtà è il contrario esatto di quanto ha dichiarato. Tutti e tre, io, Roberto e Silvia, sappiamo cosa è successo veramente».
Sulla fiducia mancata spiega che c’è sempre stata, totale e dimostrata secondo Gravina anche nei comportamenti. «A Palermo, dopo la sconfitta con la Macedonia che ci è costata il Mondiale in Qatar, sono andato in conferenza con lui. Ho messo la mia faccia per difendere la sua. Se non avessi avuto fiducia lo avrei messo sotto contratto sino al 2026? E lo avrei promosso coordinatore dell’Under 21 e Under 20?». Smentisce rivoluzioni nello staff dell’ex ct e rimarca: «Non voglio alimentare ulteriori polemiche. Ma sono state dichiarazioni sconfortanti, inappropriate e offensive nei miei confronti. Non rinnego il rapporto di amicizia con Roberto, che ha sempre dimostrato stile. Spero riveda la sua posizione. Anzi, vado oltre e vi dico: chiamatelo perché non posso credere che si sia espresso così».
(foto copertina EPA/ FACUNDO Arrizabalaga)