Il Daspo per la nonna dopo l’insulto razzista al baby giocatore, lo schiaffo e la rissa alla partita dei Pulcini: «Mi ha insultata lui»
Era la prima volta che Corina Valdameri, 71 anni, andava a vedere suo nipote giocare una partita e ora rischia di essere l’ultima. La donna assieme a suo marito, il figlio, la figlia e il genero non potranno più mettere piede a una manifestazione sportiva, dopo che il questore di Cremona ha deciso per il loro il Daspo, visto quel che è successo nella partita di Pulcini tra Ripaltese e Soresinese, giocata a Pianengo il 21 maggio scorso. Come racconta il Corriere della Sera, davanti ai baby calciatori di 10 anni si è scatenato il caos tra la famiglia e il genitore di un bambino della squadra avversaria, anche lui destinatario del Daspo. Le accuse finora più gravi sarebbero a carico proprio della nonna, che da bordo campo prima ha lanciato un insulto razzista a un bambino della Sorinese al quale avrebbe urlato: «Marocchino di m…». L’anziana avrebbe anche dato uno schiaffo al ragazzino insultato poco prima e da lì sarebbe scoppiata la rissa con altra valanga di insulti.
L’anziana però non ha nessuna intenzione di passare come «nonna Daspo» e contesta la decisione del questore, contro cui spera di fare ricorso. Spiega che non le importa del Daspo, ma che almeno «sia ristabilita la verità» perché «vogliamo ancora accompagnare il nostro bambino agli allenamenti e alle gare, senza che nessuno ci guardi storto». Secondo la versione della donna, tutto sarebbe iniziato per un fallo in campo e che in realtà l’insulto lo avrebbe ricevuto lei dal baby giocatore. «Il ragazzino della Soresinese era un po’ aggressivo e dalla tribuna gli hanno detto di calmarsi. È iniziato un primo scambio di vedute tra genitori. Peraltro il calciatore della Ripaltese che aveva subìto il fallo non è nemmeno mio nipote. A fine gara, quando mi sono avvicinata al ragazzino che ha commesso il fallo dicendogli di comportarsi meglio, lui mi ha insultata».
Sentito l’insulto, sarebbero intervenuti i parenti di Valdameri, facendo scattare anche i genitori della squadra avversaria. E rapidamente la situazione sarebbe degenerata. «Quando ho visto che hanno messo le mani addosso a mia figlia e che l’altro mio figlio cercava di difendere la sorella, venendo a contatto con tre uomini corpulenti, non ci ho più visto. Lì sì, ho alzato le mani e ho preso per i capelli una donna, dicendole di non toccare mia figlia per alcun motivo. Poi sono stata spintonata finendo al Pronto Soccorso, con sette giorni di prognosi». Dalla bocca dell’anziana non sarebbero mai partiti insulti razzisti, dice lei. Che però ammette come a sua figlia sia scappato un «Tornate al vostro paese». Frase per cui «mia figlia ha sbagliato», spiega l’anziana che dà la colpa alla «concitazione del momento»
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