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L’agonia di Giulia Tramontano dopo le coltellate, i sospetti sul veleno all’amica: «Mi sento drogata»: il piano mostruoso di Impagnatiello

alessandro impagnatiello giulia tramontano riforma giustizia 1
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Il 30enne avrebbe avvelenato gradualmente la fidanzata dopo poche settimane dall'inizio della gravidanza. Negli ultimi due mesi avrebbe aumentato le dosi

Alessandro Impagnatiello aveva intenzione di uccidere la sua fidanzata almeno sei mesi prima di quel 27 maggio, quando il barman si è accanito con 37 coltellate contro Giulia Tramontano incinta di sette mesi. Il piano del 30enne sarebbe iniziato poco dopo l’inizio della gravidanza, con il sospetto che il dosaggio sia cresciuto man mano nel corso del tempo. Le tracce di bromadiolone, un anticoaugalente tra i più tossici, è stato trovato nel sangue della vittima 29enne e nei capelli del feto, secondo quanto emerso dagli ultimi esami dell’autopsia. Esami che non indicano direttamente la somministrazione graduale del veleno, di cui però si trovano diverse tracce raccolte dalle indagini tra le ricerche online di Impagnatiello e i messaggi della ragazza a una sua amica.

Sopravvissuta alle coltellate

Il dato certo stabilito dall’autopsia è che Tramontano sia morta per dissanguamento nella casa di Senago, in provincia di Milano. Una morte però che non sarebbe arrivata nell’immediato, ma dopo diversi fendenti. Il nuovo dettaglio emerso dall’autopsia infatti rivela che la vittima sia sopravvissuta alle prime coltellate al collo e all’arteria succlavia. Tutte avevano «una massima infiltrazione emorragica di significato certamente vitale», scrivono i medici indicando che la ragazza sarebbe sopravvissuta mentre veniva accoltellata dal fidanzato.

L’avvelenamento graduale

Il progetto di Impagnatiello di avvelenare la fidanzata sarebbe iniziato a dicembre, quando era incinta da poche settimane, ricostruisce il Giorno. In quel periodo, il 30enne cercava online «Quanto veleno è necessario per uccidere una persona», con l’obiettivo di capire tempi e dosaggio per raggiungere il suo obiettivo. Dalle sue ricerche, avrebbe anche scoperto che il veleno aveva un effetto ridotto se somministrato con bevande calde. I tentativi di nasconderlo in vari modi devono essere stati ripetuti, almeno da quanto emerge dalle chat di Tramontano con un’amica. A lei diceva di sentirsi spesso male, soprattutto dopo aver bevuto qualcosa di caldo. E poi scriveva: «Mi sento una pezza, ho troppo bruciore di stomaco. Lo stomaco mi uccide». E in un’altra occasione, un altro segnale inquietante: «Mi sento drogata».

La relazione parallela

Impagnatiello da tempo portava avanti una relazione parallela con una collega di 23 anni. Circostanza che spinge gli inquirenti a pensare che quello di liberarsi della fidanzata e del bambino che stava per nascere fosse un piano premeditato, così da non avere più ostacoli. Ma dopo mesi di tentativi di avvelenamento, Impagnatiello avrebbe deciso di chiudere la relazione con la brutalità emersa dall’autopsia. Quando Tramontano è tornata a casa, dopo aver incontrato l’amante del suo fidanzato, Impagnatiello l’ha aggredita con quelle 37 coltellate, da cui non si sarebbe riuscita neanche a difendere, visto che sulle mani e le braccia della ragazza non ci sono ferite.

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