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Denuncia il suo sfruttatore, i giudici lo condannano ma non credono alla 27enne nigeriana: «Prostituta volontaria per non fare la shampista»

01 Settembre 2023 - 19:44 Redazione
Arrivata in Italia con un barcone dalla Libia, la ragazza ha raccontato di essere stata picchiata quando non consegnava al suo "protettore" parte degli incassi

Per i giudici della corte d’Assise di Palermo la donna che ha denunciato un suo connazionale per sfruttamento della prostituzione era una «prostituta volontaria» che non voleva fare lavori poco remunerativi. È un passaggio della sentenza di condanna nei confronti di Silver Egos Enogieru, colpevole per il tribunale palermitano di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, condannato a 2 anni e sei mesi. A denunciarlo era stata una 27enne nigeriana, che nella sentenza i giudici descrivono come «una prostituta volontaria. Da inquadrare, più correttamente nella nota diffusa categoria delle cosiddette sex-workers ossia nella categoria di quelle donne che preferiscono dedicarsi alla prostituzione piuttosto che lavorare o svolgere lavori poco remunerativi, come potrebbero esser quello della “svampita” o di far capelli o di “far treccine” o di lavorare presso qualcuno come domestico (etc etc)». I giudici continuano spiegando che comunque «questa “classificazione” della prostituta, naturalmente, non contrasta con la presenza di uno sfruttatore e favoreggiatore, che a sua volta si giovi delle prestazioni della “lavoratrice e le agevoli, per rimpinguare anche le proprie casse”». La procura di Palermo ha annunciato di voler presentare appello contro la sentenza.

La vittima 27enne aveva raccontato di essere stata costretta a scappare dalla Nigeria nel 2016 perché temeva la vendetta della mafia locale. Arrivata in Italia con un barcone partito dalla Libia, dove è stata rinchiusa per mesi in un campo profughi, è arrivata a Bari dove ha cercato di mettersi in contatto con i suoi connazionali. È stato in quella circostanza che la ragazza ha conosciuto l’imputato, che l’avrebbe poi fatta trasferire a Palermo e costretta a prostituirsi assieme ad altre donne. A lui ogni mese la 27enne doveva consegnare 1.500 euro. Quando la ragazza non riusciva a raggiungere la cifra, veniva puntualmente picchiata. Solo in un secondo momento avrebbe scoperto che l’uomo era affiliato alla mafia nigeriana. Dopo alcuni mesi, la ragazza si è rivolta a un pastore evangelico che l’ha convinta a denunciare e ha anche testimoniato nel processo.

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