Le violenze della mamma sui figli beccate dalla telecamera in casa, per il giudice non si possono usare: «Violano la sua privacy»
Forchettate sulle mani, percosse, schiaffi. Le immagini di una telecamera installata in casa documentano i maltrattamenti di una mamma nei confronti dei suoi due figli. Scatta, così, la denuncia da parte del marito. Ma i filmati, oltre a mostrare un genitore violento, rappresentano una violazione della privacy della donna. Quindi, per i giudici del Tribunale di Roma le riprese sono inutilizzabili e anzi vanno sequestrate. Tutto ha inizio – scrive il Corriere della Sera – quando un produttore cinematografico e sua moglie decidono di istallare le telecamere all’interno della propria abitazione. Il rapporto, pero, si logora: lei scivola in una depressione post-partum e inizia a manifestare una sorta di rifiuto nei confronti dei figli; lui scopre le immagini registrate e la denuncia per maltrattamenti. La pm titolare dell’inchiesta, alla quale è pervenuta anche una denuncia della compagna del produttore per maltrattamenti del marito e un esposto di quest’ultimo per calunnia, dispone il sequestro delle immagini. Ma non solo: secondo quanto scrive il quotidiano, Barbara Trotta – questo il nome della pm – non ascolta come persona informata dei fatti lo psichiatra che ha in cura la donna; né convoca i figli della stessa in audizione protetta. Alla fine i giudici del tribunale del Riesame confermano la decisione del sequestro delle immagini: «Le registrazioni…frutto di una indebita captazione sono inutilizzabili» spiegano. «Il papà avrebbe potuto – aggiungono – rivolgersi alle autorità competenti». Sulla questione è intervenuto il difensore del produttore, l’avvocato Vincenzo Perticaro che ha fatto sapere di rispettare ma non condividere «il provvedimento del tribunale del Riesame. Proporremo ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento. Se dovesse passare una simile giurisprudenza moltissimi casi di violenza e maltrattamenti sarebbero difficili da dimostrare con un gravissimo danno per le persone offese», conclude il legale.
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