Sextortion, aumentano i ricatti sessuali sul web. Strappato: «In tanti non segnalano perché si vergognano» – L’intervista
Siamo a conoscenza del fenomeno revenge porn, di cui abbiamo parlato a Open in diverse occasioni, ossia la vendetta di relazione dove vengono diffusi contenuti pornografici degli ex partner. Si tratta di un tassello di un fenomeno molto più vasto, quello delle immagini intime diffuse senza consenso di cui fa parte anche la Sextortion (crasi delle parole sex ed extortion). Diversamente dal revenge porn, quest’ultima pratica consiste nell’estorcere denaro minacciando la diffusione di immagini o video sessualmente espliciti della vittima. Nel corso della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Rai Cinema ha presentato un cortometraggio che tratta proprio di questo argomento. Intitolato A voce nuda, disponibile ora su RaiPlay, racconta di una giovane 17enne vittima del ricatto criminale che, con l’aiuto da parte di persone a lei vicine, riesce ad uscirne riprendendo in mano la sua vita. Dietro l’opera cinematografica c’è però la realtà dei fatti, raccontata a Open dalla dottoressa Barbara Strappato della Polizia di Stato che ha collaborato al progetto.
Nel solo mese di agosto 2023 sono state raccolte oltre 200 segnalazioni. Si tratta di numeri importanti, ma inferiori rispetto alla situazione reale, come ci spiega Strappato: «In tanti non segnalano proprio in quanto si vergognano». C’è un altro problema, ossia quello del timore da parte delle vittime minorenni di raccontare quanto accaduto ai propri genitori, che pone un ostacolo nell’effettuare la segnalazione alle autorità in quanto erroneamente convinti che per presentare denuncia ci voglia per forza la presenza di un genitore. Dall’altra parte, i maggiorenni non devono minimizzare, né mettere i ragazzi nelle condizioni di sentirsi giudicati. È compito degli adulti dare delle risposte e maggiore sicurezza, ma soprattutto riuscire a stabilire un rapporto di fiducia.
Come funziona la Sextortion
Il fenomeno della Sextortion trova terreno fertile in Rete, attraverso social network come Instagram per i più giovani. «Diciamo che i casi aumentano nei mesi estivi, segno che le persone hanno più tempo e c’è più voglia di evasione», spiega Strappato, che ci illustra come avviene solitamente questa pratica. Il ricattatore studia la potenziale vittima, analizzando il suo profilo. Poi parte una richiesta di amicizia, utilizzando un account che attiri la sua attenzione, magari attraverso una bella foto profilo di una ragazza. Una volta ottenuta la fiducia della vittima via chat, il malvivente invierà una foto intima – che ovviamente riprende una persona alla quale ha rubato l’identità – con l’obiettivo di ottenere dalla sua vittima un’altra foto altrettanto intima in cambio. Secondo l’esperienza di Strappato, «questo gesto viene fatto con molta superficialità e non si dovrebbe mai fare, neanche con le persone che conosciamo, nemmeno con il fidanzato che potrebbe poi diventare un ex fidanzato».
I profili delle vittime e dei ricattatori
Il cortometraggio tratta il caso di una giovane, ma c’è un particolare che ci viene raccontato da Strappato per spiegarci come questo fenomeno sia mutato nel tempo: «In merito al genere delle vittime, prima erano quasi esclusivamente uomini. Invece adesso abbiamo qualche numero importante di vittime di genere femminile». Chi c’è dietro il ricattatore senza volto? Dove c’è profitto ci sono delle organizzazioni: «Sono forme strutturate e organizzate, quasi sempre composte da uomini tra i 30 e i 35 anni di età ». Oltre al genere e all’età, ciò che risulta è che queste bande agiscono in particolare dall’estero: Marocco, Costa d’Avorio e Nigeria. Sono state anche riscontrati gruppi italiani, numericamente inferiori rispetto agli altri, con una media età intorno ai 32 anni e sempre quasi tutti uomini.
Come non aiutare le vittime
Fondamentale è la tutela delle vittime, così come il sostegno. Tuttavia, bisogna stare attenti perché alcuni gesti considerati positivi potrebbero rivelarsi estremamente negativi dal punto di vista personale, oltre che per la vittima. Nel caso dei sette ragazzi accusati di stupro a Palermo, in molti avevano reso noto il nome della ragazza condividendo i suoi canali social al fine di farle arrivare da più persone il proprio sostegno. Ma così facendo, senza il suo consenso, avviene l’esatto contrario: la vittima si sente privata del suo anonimato e si trova a dover rivivere ulteriormente lo stesso dolore. Questo vale per i casi di stupro, per il revenge porn e il fenomeno della Sextortion e di ogni forma di diffusione di immagini intime senza consenso.
Non finisce qui. Approfondiremo questo tema e molto altro durante il Festival di Open, sabato 16 settembre a Parma.